Archivio mensile:aprile 2009

Popoli Italici.

Breve storia delle “Stirpi Italiche”.
 Il territorio occupato attualmente dall’Italia sembra che sia stato sempre abitato, sin dal paleolitico. Per trovare delle tracce più o meno certe dei suoi abitanti, dobbiamo però aspettare il neolitico superiore.Quello che è certo è che mentre nel Vicino Oriente fiorivano, nel IV millennio a.C., le prime grandi civiltà della storia, il territorio, che molto più tardi doveva chiamarsi Italia, era ancora immerso nella più profonda preistoria ed i suoi abitanti erano ancora allo stato selvaggio.
Le prime popolazioni indigene pare siano state i Liguri*, a nord-ovest, ed i Sicani e i Sardi nelle isole. Due popolazioni non indoeuropee, che vivevano ancora di raccolta e caccia ,abitavano nelle caverne o in capanne di forma rotonda fatte di sterco e di fango. Seppellivano i loro morti e non conoscevano l’agricoltura, nè i metalli. Dai ritrovamenti si evince che solo i Sicani conoscevano il rame.
Verso la metà del secondo millennio a.C., in Italia si riversa una popolazione indoeuropea proveniente dal centro Europa. Questa popolazione non è  più progredita di quelle indigene, ma conosce l’agricoltura e l’allevamento del bestiame ed è in grado di lavorare il bronzo.
I nuovi venuti costruiscono le loro dimore su lunghi pali conficcati nell’acqua:le palafitte. Questa pratica fu importata dalle loro terre d’origine ed aveva un duplice scopo:rappresentare una difesa contro le bestie feroci e contro gli attacchi di possibili nemici.
Costruiscono i loro villaggi in prossimità dei laghi di Garda, di Como e  Maggiore. Da queste prime regioni  si spinsero, in un secondo tempo, più a sud. Per i loro nuovi insediamenti preferirono la terraferma, ma conservarono l’uso di costruire le loro abitazioni su palafitte, conosciute come terramare. Sempre per ragioni difensive, circondavano i loro villaggi con cumuli di fango e terra battuta, una pratica che più tardi troveremo anche presso i Romani.
Intorno al XII secolo a.C. una nuova popolazione indoeuropea si riversa in Italia dal bacino danubiano. I nuovi venuti avevano l’abitudine di cremare i loro morti e di deporre le ceneri in urne di terracotta (urne funerarie)ed anche questa usanza verrà assorbita dai Romani.
Verso il mille a.C.  appresero il metodo di lavorazione del ferro e costruirono, nei pressi dell’attuale Bologna, la prima città conosciuta sul suolo della penisola italiana: Villanova.
Da qui si estesero ed esportarono la loro “civiltà” in tutta Italia venendo accreditati come gli antenati delle popolazioni italiche che si insedieranno in tutta la penisola in due ondate successive tra il XII e il X secolo a.C. La loro zona di influenza, in effetti, si estese a tutta la Valle Padana, alla Toscana e al Lazio fino al golfo di Napoli.L’Italia, prima delle invasioni dei popoli indoeuropei del secondo millennio a.C., apparteneva a quel mondo mediterraneo barbaro e selvaggio non ancora toccato dalle grosse migrazioni,nè dalla civiltà. I suoi abitanti appartenevano a quelle popolazioni mediterranee di cui sappiamo poco o nulla.Intorno all’anno mille a.C., la situazione delle popolazioni italiche costituiva un variegato mondo di popolazioni indoeuropee e mediterranee. Tra il XII e XI secolo entra in Italia la prima ondata delle genti italiche, i cosidetti inceneritori perchè hanno l’abitudine di cremare i loro morti e di conservarne le ceneri. Tra di essi troviamo i Latini che si stabiliscono nella valle del Tevere, i Falerii nei pressi dell’attuale Civita Castellana, gli Euganei e i Camuni a nord di Brescia.Nella pianura padana troviamo i Galli che costituivano la continuità territoriale con il resto dell’Europa Occidentale abitata da popolazioni affini.
Tra l’XI e il X secolo troviamo la seconda ondata degli Italici, i cosidetti inumatori, perchè, a differenza dei primi, hanno l’abitudine di seppellire iloro morti .Tra questi troviamo gli Umbri, che si stabiliscono a nord-est dell’attuale Lazio, i Sabini, i Marsi, i Marrucini, gli Equi, i Volsci e gli Ernici che sistabilizzano nell’Italia centrale e i Sanniti sulla dorsale appenninica Nell’Italia meridionale troviamo gli Osci, i Campani, i Lucani  e iBruzi.Ad est della pianura padana troviamo i Veneti, un gruppo di origine italo-illirico, ed, immediatamente più a sud, sulla costa adriatica, troviamo i Piceni e ancora più a sud, sulla stessa costa, troviamo gli Japici, entrambi di origine illirica, una regione nord-occidentale degli attuali Balcani.Ad occidente della pianura padana troviamo i Liguri , una popolazione non indoeuropea, mentre nell’italia centro-settentrionale, sulla costa tirrenica, troviano i Reti*, anch’essi di stirpe non indioeuropea come i Siculi ed i Sicani.
I Greci incominciarono ad arrivare sulla coste meridionali dell’Italia nella prima metà dell’VIII secolo a.C., quando il loro problema di sempre, la sovrappopolazione, incominciò a farsi sentire più acutamente.
La loro migrazione andò avanti fino alla metà del VI secolo e fondarono città che dovevano svolgere una grande ruolo nella crescita culturale della penisola : Cuma, la più a nord, quasi alle porte del Lazio; Taranto, la più potente sul suolo italiano; Siracusa, la più brillante, in Sicilia, ecc.
Il nome Italia fu dato dai Greci, sin dal V secolo a.C., alle popolazioni che vivevano nell’estremo sud della penisola,di fronte alle loro coste e deriva da Vitalia (= terra delle mucche) e sin dal I secolo a.C. fu esteso a tutto il territorio della penisola.

*(In accezione impropria, il termine “Italici” è a volte utilizzato, specie nella letteratura non specialistica, per indicare tutti i popoli pre-romani, incluse quindi anche stirpi (suppostamente o sicuramente) non indoeuropee quali EtruschiLiguri o Reti. Gli Antichi Greci designavano questo genere di popoli, limitatamente all’area della Magna Grecia nella quale vennero a contatto con essi, con il termine “Italioti“, anch’esso ripreso successivamente.Wikipedia.)

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25 Aprile-Festa della liberazione

Cesare Pavese
 La casa in collina 
Si ha l’impressione che lo stesso destino che ha messo a terra quei corpi, tenga noialtri inchiodati a vederli, a riempircene gli occhi. Non è paura, non è la solita viltà. Ci si sente umiliati perché si capisce – si tocca con gli occhi – che al posto del morto potremmo essere noi: non ci sarebbe differenza, e se viviamo lo dobbiamo al cadavere imbrattato. Per questo ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione. (1961, vol. II, p. 130)
Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l’ha sparso. Guardare certi morti è umiliante. Non sono più faccenda altrui; non ci si sente capitati sul posto per caso. (1961, vol. II, p. 130)

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Elliot Erwitt,i bambini e gli Stati Uniti

 

New York 1

 

New York 2

 

Pittsburgh

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GOMORRA di Roberto Saviano

Goya

Il sonno della ragione produce mostri

Il porto
Il container dondolava mentre la gru lo spostava sulla nave.Come se stesse galleggiando nell’aria,lo sprider,il meccanismo che aggancia il container alla gru,non riusciva a domare il movimento. I portelloni mal chiusi si aprirono di scatto e iniziarono a piovere decine di corpi.Sembravano manichini.Ma a terra le teste si spaccavano come fossero crani veri.Ed erano crani.Uscivano dal container uomini e donne.Anche qualche ragazzo.Morti.Congelati,tutti raccolti,l’uno sull’altro.In fila,stipati come aringhe in scatola.Erano i cinesi che non muoiono mai.Gli eterni che si passano i documenti l’uno con l’altro.Ecco dove erano finiti…

https://i0.wp.com/i92.photobucket.com/albums/l32/catetom/gomorra20libro.jpg

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Progetto Mercury 1959.Sezione capsula spaziale.

 

                                     Il 9 aprile 1959, meno di un anno dopo la sua nascita, l’aeronautica e la National Space Agency annunciarono la loro prima sezione astronautica : Mercury Sette.Il Progetto Mercury  dimostrò come l’uomo potesse vivere e lavorare nello spazio, aprendo la strada a tutte le future esplorazioni dello spazio.
Questo disegno in sezione della Capsula Mercury fu utilizzato dal Task Group Spaziale, in occasione della prima ispezione della Nasa al progetto,  il 24 ottobre 1959. Lasciano veramente allibiti le dimensioni dell’abitacolo,le cinture,il pannello comandi con cloche.Dobbiamo assolutamente ammirare chi si è lanciato nello spazio  a bordo di questi prototipi permettendo,con la sperimentazione e rischiando la vita,le innovazioni che ci hanno portato fino al “turismo” spaziale,indice di una sicurezza ormai collaudata.

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Giorgio Gaber-C’è solo la strada-

Giorgio Gaber

C’è solo la strada

di Gaber – Luporini

[parlato] Lidia, ti amo.
Lidia, ho bisogno di te.
Poi la stringo e la bacio, infagottato d’amore e di vestiti. E anche lei si muove, felice della sua apparenza e del nostro amore. E la cosa continua bellissima per giorni e giorni. Una nave, con una rotta precisa che ci porta dritti verso una casa, una casa con noi due soli. Una gran tenerezza e una porta che si chiude.

Nelle case non c’è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
succede qualcosa di strano, non c’è niente da fare
è fatale, quell’uomo comincia a ammuffire.
Basta una chiave che chiuda la porta d’ingresso
che non sei già più come prima
e ti senti depresso.
La chiave tremenda, appena si gira la chiave
siamo dentro a una stanza:
si mangia, si dorme, si beve.

[parlato] Ne ho conosciute tante di famiglie, la famiglia è più economica e protegge di più. Ci si organizza bene, una minestra per tutti, tranquillanti, aspirine per tutti, gli assorbenti, il cotone, i confetti Falqui. Soltanto mille e duecento lire per purgare tutta la famiglia. Un affare! Si caga, in famiglia. Si caga bene, lo si fa tutti insieme.

Nelle case non c’è niente di buono
appena una porta si chiude dietro a un uomo
quell’uomo è pesante e passa di moda sul posto
incomincia a marcire, a puzzare molto presto.
Nelle case non c’è niente di buono
c’è tutto che puzza di chiuso e di cesso:
si fa il bagno, ci si lava i denti
ma si sente lo stesso.
Amore ti lascio, ti lascio.

C’è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l’unica salvezza
c’è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.

[parlato] Laura, ti amo.
Laura, ho bisogno di te.
Con te io ritrovo la strada, le piazze, i giovani, gli studenti. Li avevo lasciati qualche anno fa. Sono molto cambiati. Le idee, sì, le idee sono cambiate, e i loro discorsi e il modo di vestire. Gli esseri meno. Gli esseri non sono molto cambiati. Vanno ancora nelle aule di scuola a brucare un po’ di medicina, fettine di chimica, pezzetti di urbanistica con inserti di ecologia, a ore pressappoco regolari. Ed esiste ancora il bar, tra un intervallo e l’altro. E poi l’amore, per fabbricarsi una felicità. Come noi ora. Una coppia, e ancora tante coppie.
E poi, e poi ancora una porta e ancora una casa. Sì, sì ma siamo convinti che sia un’altra cosa.

Perché abbiamo esperienze diverse
non può finir male
perché abbiamo una chiave moderna
abbiamo una Yale!
Perché è tutto un rapporto diverso
che è molto più avanti
ma c’è sempre una casa, con altre aspirine e calmanti.
E di nuovo mi trovo a marcire
in un’altra famiglia, la nostra, la mia
abbracciarla guardando la porta
e la mia poesia.
Amore, ti lascio, vado via.

C’è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l’unica salvezza
c’è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza
perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.

[parlato] Maria, ti amo.
Maria, ho bisogno di te… ma, per favore, in un hotel meublé.

Perché il giudizio universale
non passa per le case
e gli angeli non danno appuntamenti
e anche nelle case più spaziose
non c’è spazio per verifiche e confronti.

C’è solo la strada su cui puoi contare
la strada è l’unica salvezza
c’è solo la voglia, il bisogno di uscire
di esporsi nella strada, nella piazza.
Perché il giudizio universale
non passa per le case
le case dove noi ci nascondiamo
bisogna ritornare nella strada
nella strada per conoscere chi siamo.

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Il Disco di Festo

 Nel 1908 un gruppo di archeologi stavano scavando a Creta nel palazzo minoico di Festo e trovarono un oggetto tra i più sorprendenti della storia.Era un disco del diametro di circa 15 centimetri,di terracotta non dipinto.Su entrambi i lati erano impressi i segni di quella che sembrava una scrittura, formanti una spirale che,compiendo 5 giri,andavano verso il centro.I segni erano 241 e rimpivano tutto lo spazio disponibile.Il disco è stato datato 1700 a.c. e anticipa di circa 2500 anni i primi tentativi in Cina e di 3100 quelli in Europa della stampa a caratteri mobili.Infatti i segni sulle facce non erano incisi a mano,ma impressi nella creta morbida con stampi e questo fatto sta a significare che il popolo che ha creato il disco deve aver “stampato” altri documenti;non si creano caratteri mobili per usarli una sola volta.La forma dei segni non è simile a nessuna di quelle note e potrebbe essere originaria di Creta o importata da chissà dove.Nei 100 anni trascorsi dal ritrovamento nessun progresso è stato fatto in merito alla decifrazione dei caratteri.

Pernier, per primo, pensò a un contenuto di carattere rituale e a un significato religioso si rifece anche il Dr. Anthony P. Svoronos, che considerò i segni come una preghiera o una richiesta di divinazione,Efi Polygiannakis, nel suo libro “The Phaistos disk speaks in Greek” , sostiene che il disco è scritto con il sistema sillabico di un antico dialetto greco. Anche secondo lei il contenuto è di carattere religioso,Per il neozelandese Steven Roger Fisher, autore di Glyphbreaker,si tratta di un antico linguaggio minoico simile al greco di Micene,due linguisti americani, Rev. Kevin Massey-Gillespie and Dr. Keith Massey sono convinti che il disco contenga una formula magica o una maledizione e che il linguaggio sia indoeuropeo.Come si vede ogni interpretazione può essere considerata valida,ma il disco di Festo resta la,nel museo di Iraklion(Creta),con tutti i sui misteri irrisolti.

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Penelope

Penelope

Un film di Mark Palansky. Con Christina Ricci, James McAvoy, Reese Witherspoon. – Produzione Gran Bretagna, USA 2006.

Penelope
Io mi piaccio così come sono!
Lo so, io non sono lui, lui non è me ed io non sono io!


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Terremoti,brevi ed elementari informazioni.

A causa della tragedia che si è abbattuta su l’Abruzzo molti hanno realizzato cause ed effetti del terremoto,ma facciamo qui un breve riassunto delle notizie raccolte.
Quando la crosta terrestre si è raffreddata e di conseguenza solidificata,non ha formato una sfera compatta,ma si è fratturata in alcuni punti,dando luogo a delle  immense zattere che si muovono sul magma ancora semiliquido.

Il lento movimento delle placche porta a delle spaccature nella crosta terrestre chiamate FAGLIE:
I blocchi di roccia possono allontanarsi l’ uno dall’ altro ( FAGLIA NORMALE o DIRETTA )

I blocchi di roccia possono avvicinarsi e scontrarsi ( FAGLIA INVERSA )

I blocchi di roccia possono muoversi parallelamente l’uno rispetto all’ altro ( FAGLIA TRASCORRENTE )

Un terremoto,quindi, è causato dal movimento delle placche .
Il punto d’origine del terremoto si chiama IPOCENTRO e si trova  qualche chilometro sottoterra, dove le rocce si spezzano.
Da qui l’energia liberata si trasforma in vibrazioni cioè in onde sismiche, che raggiungono la superficie in breve tempo. In superficie, proprio sopra l’ipocentro, si trova l’ EPICENTRO, che è il punto in
cui si hanno i maggiori danni a cose e persone ,ed è il punto dove il terremoto è più forte.
Man mano che ci si allontana dall’epicentro l’intensità, e quindi i danni causati dal terremoto, sono minori.

In tutti i terremoti la scossa principale è preceduta e seguita da scosse di minore intensità..Le diverse caratteristiche dei tipi di onde che si propagano durante gli eventi sismici, permettono di ricostruire sia l’ipocentro che l’epicentro, confrontando i tempi di arrivo delle diverse onde alle varie stazioni che costituiscono una rete sismica.  Le onde sismiche si possono suddividere in due tipi principali: le onde “P”, più veloci e le onde “S”, leggermente più lente. La differenza di arrivo ad una stazione permette di conoscere la distanza dalla stazione dell’epicentro. Diversamente, i tempi di arrivo delle onde “P” alle varie stazioni, permettono di conoscere il punto ipocentrale.
Avendo a disposizione un numero minimo di tre stazioni opportunamente situate, è quindi possibile calcolare le principali caratteristiche dell’evento sismico, quali intensità in forma di Magnitudo, epicentro e ipocentro.

Piano di faglia

 Il valore di potenza della scossa sismica, un tempo basata sulla scala Mercalli, a sua volta costruita valutando le manifestazioni in superficie, ora si calcolano grazie agli strumenti detti sensori che in base a precise valutazioni e calibrazioni strumentali, permettono di conoscere l’intensità effettiva delle forze scatenatesi all’ipocentro. La scala di potenza effettiva degli eventi è chiamata, in onore del suo inventore “Scala Richter”.
La particolare conformazione dell’Italia è  dovuta alla spinta che il continente africano effettua verso l’Europa. La presenza di vulcani in Sicilia indica una zona di subduzione della crosta, gli Apennini indicano una spinta che unirà, in un lontano futuro, l’Italia alla ex Yugoslavia, mentre la catena alpina è il frutto di un ulteriore subduzione. La parte di crosta su cui poggia l’Italia si sposta e si immerge al di sotto dell’Europa in prossimità della line detta “Insubrica” situata lungo le valli austriache a nord delle Alpi.

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