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La prima centrale elettrica solare al mondo che produce elettricità di NOTTE

Traduzione a cura della redazione di coscienza.org – Erica Dellago

Ecco una buona notizia sul fronte dell’energia solare. La principale debolezza del solare consiste nella sua incapacità di produrre di notte. Questo nuovo impianto sembra avere superato questo limite.

Un ringraziamento a Judy Tart.
Stephan A. Schwartz

Fonte: Mail (UK)
Ha l’aspetto di un gigantesco progetto artistico. Ma questo simmetrico modello circolare di pannelli a specchio è la prima centrale al mondo di energia solare che produce energia elettrica durante la notte.

La Centrale Elettrica Gemasolar nei pressi di Siviglia nel Sud della Spagna è costituita da un incredibile numero di pannelli, 2.650, distribuiti su 185 ettari di terreno rurale.

Gli specchi – noti come eliostati – concentrano il 95 percento della radiazione solare su un gigantesco ricettore al centro dell’impianto.


Vive di notte: la centrale elettrica solare Gemasolar nei pressi di Siviglia ha un incredibile numero di pannelli, 2.650, distribuiti su 185 ettari di terreno rurale.

Il calore fino a 900C° viene utilizzato per riscaldare i serbatoi dei sali fusi, che generano vapore per alimentare le turbine della centrale da 260 milioni di sterline inglesi.

Ma, a differenza di tutte le altre centrali di energia solare, il calore immagazzinato in questi serbatoi può essere rilasciato con un’autonomia massima di 15 ore durante la notte o durante i periodi senza luce solare.

Il sole regolare nel Sud della Spagna significa che l’impianto può quindi funzionare durante la maggior parte delle notti, garantendo la produzione di energia elettrica per un minimo di 270 giorni all’anno, fino a tre volte più di altre energie rinnovabili.
Per costruire il progetto, una joint venture tra la società di energia Masdar di Abu Dhabu e la società di ingegneria spagnola SENER chiamata Torresol Energy, ci sono voluti due anni e un costo pari a 260 millioni di sterline inglesi.

E’ prevista produrre 110 GWh /all’anno di elettricità – sufficienti per alimentare 25.000 case nella regione dell’Andalusia.


La centrale elettrica è stata ultimata il mese scorso. I suoi specchi – noti come eliostati – concentrano il 95 percento della radiazione solare su un gigantesco ricettore al centro dell’impianto. Il calore immagazzinato può essere rilasciato con un’autonomia massima di 15 ore durante la notte o durante i periodi senza luce solare.

Miguel Domingo, portavoce della SENER, ha detto: “Il completamento della costruzione e l’avviamento della centrale Gemasolar nei tempi e nel budget previsti rappresentano una pietra miliare per la SENER”.

“Attualmente, la SENER è l’unica azienda al mondo che ha sviluppato e costruito un impianto commerciale che sfrutta la tecnologia dei sali fusi e un’unica torre centrale come ricettore, e che ha già iniziato a funzionare”.

Enrique Sendagorta, presidente della Torresol Energy, ha aggiunto: “La standardizzazione di questa nuova tecnologia significherà una reale riduzione dei costi di investimento per gli impianti solari.

“L’operazione commerciale di questo impianto aprirà la strada ad altri impianti con torre centrale come ricettore e tecnologia dei sali fusi, un sistema efficace e efficiente che migliora la dispacciabilità di energia elettrica da fonti rinnovabili”.


Il calore fino a 900C° viene utilizzato per riscaldare i serbatoi dei sali fusi, che generano vapore per alimentare le turbine della centrale da £260millioni di sterline inglesi.

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Parco eolico di Scansano: il TAR approva l’attività

Il Tar della Toscana respinge i ricorsi presentati contro i 10 aereogeneratori

Parco eolico di Scansano: il TAR approva l'attività

26/04/2010

Il parco eolico di Scansano è in regola. Potrà proseguire la propria attività. Così una sentenza del Tar della Toscana respinge i ricorsi presentati da Iacopo Biondi Santi con la sua azienda agraria Montepò srl e da Italia Nostra contro l’autorizzazione rilasciata dalla Regione nel febbraio 2009 e stabilisce quindi che i dieci aerogeneratori del parco eolico di Poggi Alti nel Comune di Scansano, attualmente il più grande della Toscana con i suoi 20 megawatt di potenza installata, possono continuare a produrre energia sfruttando la forza del vento.

I giudici amministrativi hanno infatti ritenuto in parte inammissibile e in parte hanno rigettato i ricorsi presentati contro la Regione Toscana, la Provincia di Grosseto, il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, la Parco eolico Poggi Alti srl

Il Tribunale amministrativo ha in fatti ritenuto sufficiente l’effettuazione della procedura di verifica ambientale (screening) non ritenendo necessaria la Valutazione di impatto ambientale: lo stesso giudizio già espresso dal Consiglio di Stato. Anche il secondo motivo di ricorso (la presunta mancata considerazione del Piano territoriale di coordinamento della Provincia di Grosseto) è stato ritenuto infondato, in quanto la zona è da considerarsi di non rilevante pregio ambientale. Stessa infondatezza per la lamentata esclusione dal procedimento amministrativo, cioè per il terzo motivo di ricorso.

I giudici hanno rilevato che lo screening non prevede comunicazioni di avvio del procedimento e che comunque i ricorrenti erano stati messi in grado di conoscere l’esistenza del nuovo iter. Ugualmente infondato anche il quarto motivo di ricorso, cioè il fatto che la Regione ha riconfermato il monitoraggio ex post dell’avifauna, sul quale il Consiglio di Stato aveva rilevato la mancanza d i un’adeguata motivazione.

Le prescrizioni in merito (un monitoraggio di tre anni con possibilità di fermare le pale qualora la mortalità degli uccelli e dei chirotteri superi le soglie di legge) dettate dalla Regione sono state infatti ritenute sufficientemente motivate e valide, anche perchè confortate dai dati acquisiti prima dell’inizio dei lavori di realizzazione dell’impianto. E proprio questo, che è il punto centrale della sentenza, conferma il corretto operato degli uffici regionali anche rispetto alla scelta del monitoraggio dell’avifauna successivo all’entrata in funzione del parco, anche se questa scelta in un primo tempo non era accompagnata da un’adeguata motivazione.

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L’uranio non basterà!

Sperando,inutilmente,di essere ascoltato,voglio fare due considerazioni sulla disponibilità di uranio utile al funzionamento delle centrali nucleari.
I dati più affidabili da prendere in considerazione sono quelli della International Atomic Energy Agency(IAEA) e dicono che i giacimenti di uranio sono circa 10 milioni di tonnellate.Considerando che nel mondo sono in funzione 430 reattori (pochini vero?) e ognuno di questi brucia in media circa 60 mila tonnellate all’anno abbiamo un’autonomia di poco più di 160 anni,in pratica due generazioni.Se 60 mila tonnellate vi sembrano troppe,dovete valutare che le centrali nucleari funzionano con l’uranio-235, un isotopo abbastanza raro dell’uranio, che si trova in concentrazione dell’1% sul totale del minerale.Va detto inoltre che si estraggono 40 mila tonnellate all’anno,cioè molto meno di quello che si consuma.Poichè gli Stati Uniti sono spesso presi come modello,era giusto farlo anche per ciò che riguarda il nucleare:l’ultima centrale è stata costruita negli USA più di 10 anni fa,nel 1996.Che dite,forse un motivo,che certamente NON conosce Scaiola,ci sarà!
A seguire l’Intervista a Isabelle Chevalley, presidente e fondatrice di Ecologie libérale’, partito
svizzero di centro destra.

 “Manca l’uranio per l’energia nucleare”

 
“Fin dal 1991 non si estrae abbastanza uranio per soddisfare l’esigenza di tutte le centrali nucleari del mondo, l’estrazione è talmente diminuita che nel 2003 metà del fabbisogno del metallo grigio è stato fornito dalle scorte militari.”
Lo sostiene la dottoressa Isabelle Chevalley, chimica, nonchè presidente e fondatrice del partito svizzero ‘Ecologie libérale’. Analisi che arriva in un momento piuttosto delicato, soprattutto nel nostro paese, dove si è deciso un ritorno al nucleare.Come noto, l’uranio è il metallo che viene utilizzato nelle centrali nucleari per produrre energia elettrica. In natura si trova pressoché ovunque, compresa l’acqua, ma la parte dell’uranio che interessa alle centrali nucleari è una elaborazione (arricchimento) dello stesso per aumentare la concentrazione di 235U rispetto al 238U, due isotopi dell’uranio. Ed è su questo che si concentra l’analisi della dottoressa Chevalley.“Dal 2001 il prezzo dell’uranio è decuplicato, da 7 dollari la libbra a più di 75 nel 2007(in sette anni si è registrato un aumento del 1.000% e la libbra ha raggiunto alla fine del 2007 il prezzo record di 106 dollari). Questo massiccio aumento di prezzo riflette l’incertezza che circonda la sua produzione. L’altro picco storico risale alla fine degli anni ’70 quando la richiesta di questo metallo è aumentata sia a livello militare che civile raggiungendo i 43 dollari per una libbra.”


Sappiamo, però, che il mercato è estremamente volatile e bisogna passare ai fatti per capire davvero quanto uranio sia ancora disponibile.
“Attualmente, non solo non vengono più scoperti grossi giacimenti di uranio, ma i
giacimenti già scoperti non vengono pienamente sfruttati perché non conviene
economicamente. I costi sarebbero troppo elevati. Di conseguenza, la progressiva mancanza di uranio comincerà a farsi sentire tra il 2015 ed il 2025, quando le centrali nucleari produrranno meno energia fino a fermarsi del tutto.”Come accennato all’inizio, le centrali nucleari di oggi, che sono circa 450 nel mondo, funzionano grazie all’uranio estratto, ma anche in buona parte dalle riserve militari. E a sentir parlare la dott. Chevalley non ci sono molte speranze di trovare nuovi giacimenti, ma essendo un metallo presente pressoché ovunque, l’uranio è virtualmente estraibile anche da altre fonti, compresa l’acqua.
Nel mare, per esempio, sono disciolti ben 4 miliardi di tonnellate di uranio naturale, ovvero quanto basterebbe per rifornire le centrali nucleari attuali per 60.000 anni. Ma questo, purtroppo pare non risolvere il problema.(Oggi il consumo dell’Uranio ha superato la produzione (che raggiunge i 78.000 tonnellate di Ossido di Uranio – fonte: WNA), e i giacimenti esistenti si stanno esaurendo. Inoltre il 33% della produzione proviene dalle scorte militari e civili che dovrebbero diminuire del 70% entro il 2030, mentre l’estrazione crescerà solo del 20%. Le attuali riserve naturali sono di 4,75 MtU, sufficienti a coprire le esigenze per parco nucleare esistente per 70 anni, ma la World Nuclear Association (WNA) stima che la capacità nucleare installata potrebbe anche raddoppiare entro il 2030 e generare una domanda totale di uranio di 6 MtU). Questa situazione strutturale ha portato ad un aumento eccezionale delle riserve dal 2003, (salvo un’improvvisa riduzione delle transazioni spot nel primo quadrimestre del 2008) e prefigura nei prossimi anni ad una ripresa dell’attività di ricerca di nuovi giacimenti di Uranio.


“La centrale nucleare di Leibstadt in Svizzera utilizza ogni anno 155 tonnellate di uranio, il volume d’acqua di mare che servirebbe per estrarlo corrisponde a 52 miliardi di metri cubi, ovvero due terzi del lago di Ginevra. Per pompare una tale mole di acqua consumerebbe tutta l’energia ipoteticamente prodotta”.
Un altro esperimento è stato tentato dall’Agenzia Nucleare Giapponese: “In Giappone hanno immerso nel mare degli oggetti simili ad alghe lunghe cento metri prodotte con un materiale capace di attrarre l’uranio. Per rifornire la stessa centrale di Leibstadt di cui sopra, bisognerebbe sommergere seicento mila oggetti simili (in un’area pari a quella della Valle d’Aosta). Ogni due mesi li si dovrebbero raccogliere per passarli in un acido capace di recuperare l’uranio e quindi riportare questi oggetti in mare. Sarebbe un’opera ciclopica senza contare gli inconvenienti per la pesca e per la navigazione. Bisogna
quindi porre fine all’utopia che l’uranio ‘marino’ possa risolvere tutti i problemi di approvvigionamento”.Per la dottoressa Chevalley, aprire nuove centrali sarebbe un errore sia politico che economico.
“Uno studio francese ha dimostrato che investendo nelle energie rinnovabili e in
politiche di risparmio energetico, lo stesso importo necessario per la costruzione di una nuova centrale nucleare, circa 3 miliardi di euro, si arriverebbe a produrre il doppio di energia elettrica”.
I difensori delle centrali nucleari sostengono, però, che attraverso le fonti rinnovabili non si potrà mai ottenere la stessa quantità di energia prodotta, più facilmente, con il nucleare. Ma Isabelle Chevalley  non è d’accordo.
“Prendo l’esempio di un’azienda tedesca che produce pannelli solari termici ad alta temperatura Quest’azienda sostiene che coprendo con centrali ‘eliotermodinamiche’ solo l’uno per cento del deserto del Sahara l’energia prodotta basterebbe all’intero fabbisogno mondiale. Con questo non voglio che ci si debba concentrare su una sola fonte, ma il potenziale di tutte le fonti rinnovabili è davvero enorme e soprattutto bisogna smettere di dire che costa troppo Quante guerre sono state fatte al fine di garantire l’approvvigionamento energetico? Quante sono state le sovvenzioni al nucleare, al carbone
ed al petrolio? Le energie rinnovabili non sono solo ecologiche ma anche economiche”.
   

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Allarme per lo scioglimento della calotta polare artica.

Ho ricevuto questa e-mail dall’organizzazione AAVAZ e tra i tanti falsi e stupidi allarmi nazionali e mondiali questo è veramente peoccupante:

Case allagate a Funafuti, Tuvalu

Cari amici,

Immaginatevi il mare che ricopre il vostro paese, facendolo sparire letteralmente sotto i piedi, distruggendo con il sale il cibo che avete coltivato e l’acqua da bere, e la vostra ultima chance è di cercare rifugio in altre terre, ma sapendo che i rifugiati del clima ufficialmente non esistono. Non si tratta di un incubo, è la terribile realtà di milioni di persone che vivono su isole intorno al mondo, dalle Maldive alla Papua Nuova Guinea.

Questo è il motivo per cui queste piccole isole stanno facendo richiesta di una risoluzione senza precedenti alle Nazioni Unite prima delle negoziazioni sul clima della prossima settimana, per chiedere che il Consiglio di Sicurezza si occupi direttamente del cambiamento climatico in quanto rappresenta una minaccia impellente alla pace internazionale ed alla sicurezza.

E’ una mossa creativa che nasce dalla disperazione, una sfida affinché le potenze mondiali lascino indietro la propria indolenza e si decidano ad affrontare questa crisi letale con l’urgenza destinata alle guerre. Ma la campagna degli stati insulari sta incontrando la fiera opposizione dei principali inquinatori del mondo, e quindi hanno bisogno di aiuto.Il ghiaccio dell’Artico si sta sciogliendo così rapidamente che, per la prima volta nella storia dell’umanità, si può circumnavigare l’Artico. Gli uragani ed altre manifestazioni climatiche estreme stanno aumentando in frequenza e dimensioni. Come ci scrive un membro di Avaaz da St. Kitts, “Mentre negli Usa possono evacuare un’area dove sta per passare un potente uragano, noi sulle isole quella opzione non la abbiamo.” Ora i piccoli stati insulari — dove spesso il punto più alto è solo qualche metro al di sopra del livello del mare — stanno preparando piani di evacuazione che garantiscano l’incolumità delle proprie popolazioni.

Il Presidente Remengesau di Palau, una piccola isola del Pacifico, ha detto di recente: “Palau ha perso almeno un terzo della propria barriera corallina per i cambiamenti climatici. Abbiamo anche perso gran parte della nostra produzione agricola a causa della siccità e delle maree estremamente alte. Non si tratta di perdite teoriche o scientifiche–sono le perdite delle nostre risorse e delle nostre intere vite…. Per gli stati-isola il tempo non sta scadendo. E’ finito. E la strada in cui ci troviamo noi potrebbe essere uno scampolo del futuro vostro e dell’intero pianeta”.

Oltre alle isole, stati come il Bangladesh, dove 150 milioni di persone vivono già in condizioni difficili, rischiano di perdere vaste porzioni della loro terra. L’esperienza delle nostre comunità più vulnerabili serve come segnale di allarme per il futuro che ci potrebbe aspettare: manifestazioni climatiche sempre più estreme, conflitti per l’acqua o per il cibo, aree costiere che vengono sommerse e centinaia di milioni di sfollati.

La coraggiosa campagna per la sopravvivenza degli stati insulari è anche la nostra campagna — e più firme riusciremo a raccogliere e consegnare all’Onu settimana prossima, più urgente risulterà l’allarme che serve a proteggere il nostro futuro comune:

http://www.avaaz.org/it/islands_climate_warning?cl=125191367&v=2126

Con speranza, Ben, Iain, Alice, Paul, Graziela, Pascal, Ricken, Brett, Milena — il team Avaaz

PS: Per un report sulle campagne condotte finora da Avaaz, vai a:
https://secure.avaaz.org/it/report_back_2

La linea rossa delimita quale era la dimensione dei ghacci artici negli ultimi 10 anni.

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