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Tacito-La morte di Seneca

Tacito

Annales, liber XV, 62 – 63

Gli ultimi istanti di Seneca

… Dopo riflessioni di tal genere, che sembravano rivolte a tutti indistintamente, stringe fra le braccia la moglie e, inteneritosi alquanto, malgrado la forza d’animo di cui dava prova in quel momento, la prega e la scongiura di contenere il suo dolore e di non renderlo eterno, ma di trovare, nella meditazione di una vita tutta vissuta nella virtù, un decoroso aiuto a reggere il rimpianto del marito perduto. Paolina invece afferma che la morte è destinata anche a sé e chiede la mano del carnefice. Seneca allora, per non opporsi alla gloria della moglie, e anche per amore, non volendo lasciare esposta alle offese di Nerone la donna che unicamente amava: «Ti avevo indicato» le disse «come alleviare il dolore della vita, ma tu preferisci l’onore della morte: non mi opporrò a questo gesto esemplare. Possa la fermezza di una morte così intrepida essere pari in te e in me, ma sia più luminosa la tua fine.» Dopo di che il ferro recide, con un colpo solo, le vene delle loro braccia. Seneca, poiché il corpo vecchio e indebolito dal poco cibo lasciava fuoriuscire lentamente il sangue, taglia anche le vene delle gambe e dei polpacci; e, stremato dalla intensa sofferenza, per non fiaccare col proprio dolore l’animo della moglie, e per non essere indotto a cedere, di fronte ai tormenti di lei, la induce a passare in un’altra stanza. E, non venendogli meno l’eloquenza anche negli ultimi momenti, fece venire degli scrivani, cui dettò molte pagine che, divulgate nella loro forma testuale, evito qui di riferire con parole mie.

Jacques-Louis David n. 1748, Parigi, m. 1825, Bruxelles.

Olio su tela 1773

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Lucio Anneo Seneca

Ti prego, Lucilio carissimo, fa’ la sola cosa che può renderti felice: distruggi e calpesta questi beni splendidi solo esteriormente, che uno ti promette o che speri da un altro; aspira al vero bene e godi del tuo. Ma che cosa è "il tuo"? Te stesso e la parte migliore di te. Anche il corpo, povera cosa, benché non se ne possa fare a meno, stimalo necessario più che importante; ci procura piaceri vani, di breve durata, di cui necessariamente ci pentiamo e che, se non li frena una grande moderazione, hanno un esito opposto. Questo dico: il piacere sta sul filo, e si muta in dolore se non ha misura; ma è difficile tenere una giusta misura in quello che si crede un bene: solo il desiderio, anche intenso, del vero bene è senza pericoli. Vuoi sapere che cosa sia il vero bene o da dove venga? Te lo dirò: dalla buona coscienza, dagli onesti propositi, dalle rette azioni, dal disprezzo del caso, dal tranquillo e costante tenore di vita di chi segue sempre lo stesso cammino.(Da "Le epistole a Lucilio").

(C.Savolini) La morte di Seneca.

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