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Follia nucleare

Atto Senato n. 1195-B

Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia

G/1195-B/4/10

BUBBICO, ARMATO, FIORONI, GARRAFFAGRANAIOLA, PAOLO ROSSI, SANGALLI, SBARBATITOMASELLI

Il Senato,

premesso che,

l’articolo 25 del provvedimento in esame contiene un’ampia delega al Governo volta a reintrodurre il nucleare in Italia;

nell’elencazione dei princìpi e dei criteri direttivi con cui la delega deve essere esercitata, si prevede che la costruzione e l’esercizio di impianti per la produzione di energia elettrica nucleare e di impianti per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi o per lo smantellamento di impianti nucleari a fine vita siano considerate tutte attività di preminente interesse statale e, come tali, soggette ad autorizzazione unica rilasciata, su istanza del soggetto richiedente e previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

inoltre, si prevede che i produttori di energia elettrica nucleare dovranno provvedere alla costituzione per il decommissioning che dovrebbe essere finalizzato a finanziare lo smantellamento degli impianti nucleari, il trattamento e lo smaltimento finale dei rifiuti radioattivi;

considerato che,

la materia della produzione, del trasporto e della distribuzione nazionale dell’energia rientra tra le materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione;

l’attuazione della delega implicherà la «chiamata in sussidiarietà» di parte delle funzioni amministrative concernenti il settore energetico, con l’attribuzione di rilevanti responsabilità ad organi statali e quindi con la parallela disciplina legislativa da parte dello Stato di settori che di norma dovrebbero essere di competenza regionale ai sensi del succitato terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione;

la Corte Costituzionale, con sentenza n. 383/2005, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale di alcune disposizioni riguardanti il decreto legge 29 agosto 2003, n. 239, recante disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica, ha stabilito una serie di principi tra i quali quello che riconosce che «( … ) il riordino dell’intero settore energetico, mediante una legislazione di cornice, ma anche la nuova disciplina dei numerosi settori contermini di esclusiva competenza statale, appare caratterizzato, sul piano del modello organizzativo e gestionale, dalla attribuzione dei maggiori poteri amministrativi ad organi statali, in quanto evidentemente ritenuti gli unici a cui naturalmente non sfugge la valutazione complessiva del fabbisogno nazionale di energia e quindi idonei ad operare in modo adeguato per ridurre eventuali situazioni di gravi carenze a livello nazionale.»;

il presupposto per rendere costituzionalmente ammissibile l’esercizio di questo meccanismo, che oggettivamente incide in modo significativo sull’ambito dei poteri regionali, è «la previsione di un’intesa in senso forte con le Regioni nel cui territorio l’opera dovrà essere realizzata»; infatti, la Corte afferma che «la predisposizione di un programma di grandi infrastrutture per le finalità indicate dalla disposizione impugnata implica necessariamente una forte compressione delle competenze regionali non soltanto nel settore energetico ma anche nella materia del governo del territorio, di talché, ( … ), è condizione imprescindibile per la legittimità costituzionale dell’attrazione in sussidiarietà a livello statale di tale funzione amministrativa, la previsione di un’intesa in senso forte con le Regioni nel cui territorio l’opera dovrà essere realizzata. (…). Ciò tanto più in riferimento ad una legislazione come quella oggetto del presente scrutinio, che spesso si riferisce alla dimensione «nazionale» (unilateralmente definita) di fenomeni od attrezzature, da cui sembra che spesso si vogliano escludere le Regioni, malgrado l’esplicito riferimento alla stessa dimensione «nazionale» che è contenuto nella denominazione della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia» di cui al terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione. Dovendosi quindi individuare un organo adeguatamente rappresentativo delle Regioni, ma anche degli enti locali, a loro volta titolari di molteplici funzioni amministrative senza dubbio condizionate od incise dalle diverse politiche del settore energetico, emerge come naturale organo di riferimento la Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (…);

la procedura di adozione dei decreti legislativi attuativi di cui all’articolo 25, comma 1, del disegno di legge in esame prevede l’adozione di un semplice parere, in luogo dell’intesa, da parte della Conferenza Unificata e prevede al successivo comma 2, lettera f), l’esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento delle necessarie intese con gli enti locali coinvolti, ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione;

a tal proposito, la Corte Costituzionale, sempre con la sentenza n. 383/2005 ha stabilito che: «tali intese costituiscono condizione minima e imprescindibile per la legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale che effettui la «chiamata in sussidiarietà» di una funzione amministrativa in materie affidate alla legislazione regionale, con la conseguenza che deve trattarsi di vere e proprie intese «in senso forte», ossia di atti a struttura necessariamente bilaterale, come tali non superabili con decisione unilaterale di una delle parti. In questi casi, pertanto, deve escludersi che, ai fini del perfezionamento dell’intesa, la volontà della Regione interessata possa essere sostituita da una determinazione dello Stato, il quale diverrebbe in tal modo l’unico attore di una fattispecie che, viceversa, non può strutturalmente ridursi all’esercizio di un potere unilaterale. L’esigenza che il conseguimento di queste intese sia non solo ricercato in termini effettivamente ispirati alla reciproca leale collaborazione, ma anche agevolato per evitare situazioni di stallo, potrà certamente ispirare l’opportuna individuazione, sul piano legislativo, di procedure parzialmente innovative volte a favorire l’adozione dell’atto finale nei casi in cui siano insorte difficoltà a conseguire l’intesa, ma tali procedure non potranno in ogni caso prescindere dalla permanente garanzia della posizione paritaria delle parti coinvolte. E nei casi limite di mancato raggiungimento dell’intesa, potrebbe essere utilizzato, in ipotesi, lo strumento del ricorso a questa Corte in sede di conflitto di attribuzione fra Stato e Regioni.»;

impegna il Governo:

a coinvolgere pienamente le Regioni e gli enti locali interessati, in primo luogo nella fase di adozione dei decreti legislativi e, successivamente, ad esperire ogni tentativo per raggiungere le necessari intese, così come stabilito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 383/2005.

Padre, perdona loro, perchè non sanno quello che fanno.(e soprattutto di che cosa stanno parlando).

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L’uranio non basterà!

Sperando,inutilmente,di essere ascoltato,voglio fare due considerazioni sulla disponibilità di uranio utile al funzionamento delle centrali nucleari.
I dati più affidabili da prendere in considerazione sono quelli della International Atomic Energy Agency(IAEA) e dicono che i giacimenti di uranio sono circa 10 milioni di tonnellate.Considerando che nel mondo sono in funzione 430 reattori (pochini vero?) e ognuno di questi brucia in media circa 60 mila tonnellate all’anno abbiamo un’autonomia di poco più di 160 anni,in pratica due generazioni.Se 60 mila tonnellate vi sembrano troppe,dovete valutare che le centrali nucleari funzionano con l’uranio-235, un isotopo abbastanza raro dell’uranio, che si trova in concentrazione dell’1% sul totale del minerale.Va detto inoltre che si estraggono 40 mila tonnellate all’anno,cioè molto meno di quello che si consuma.Poichè gli Stati Uniti sono spesso presi come modello,era giusto farlo anche per ciò che riguarda il nucleare:l’ultima centrale è stata costruita negli USA più di 10 anni fa,nel 1996.Che dite,forse un motivo,che certamente NON conosce Scaiola,ci sarà!
A seguire l’Intervista a Isabelle Chevalley, presidente e fondatrice di Ecologie libérale’, partito
svizzero di centro destra.

 “Manca l’uranio per l’energia nucleare”

 
“Fin dal 1991 non si estrae abbastanza uranio per soddisfare l’esigenza di tutte le centrali nucleari del mondo, l’estrazione è talmente diminuita che nel 2003 metà del fabbisogno del metallo grigio è stato fornito dalle scorte militari.”
Lo sostiene la dottoressa Isabelle Chevalley, chimica, nonchè presidente e fondatrice del partito svizzero ‘Ecologie libérale’. Analisi che arriva in un momento piuttosto delicato, soprattutto nel nostro paese, dove si è deciso un ritorno al nucleare.Come noto, l’uranio è il metallo che viene utilizzato nelle centrali nucleari per produrre energia elettrica. In natura si trova pressoché ovunque, compresa l’acqua, ma la parte dell’uranio che interessa alle centrali nucleari è una elaborazione (arricchimento) dello stesso per aumentare la concentrazione di 235U rispetto al 238U, due isotopi dell’uranio. Ed è su questo che si concentra l’analisi della dottoressa Chevalley.“Dal 2001 il prezzo dell’uranio è decuplicato, da 7 dollari la libbra a più di 75 nel 2007(in sette anni si è registrato un aumento del 1.000% e la libbra ha raggiunto alla fine del 2007 il prezzo record di 106 dollari). Questo massiccio aumento di prezzo riflette l’incertezza che circonda la sua produzione. L’altro picco storico risale alla fine degli anni ’70 quando la richiesta di questo metallo è aumentata sia a livello militare che civile raggiungendo i 43 dollari per una libbra.”


Sappiamo, però, che il mercato è estremamente volatile e bisogna passare ai fatti per capire davvero quanto uranio sia ancora disponibile.
“Attualmente, non solo non vengono più scoperti grossi giacimenti di uranio, ma i
giacimenti già scoperti non vengono pienamente sfruttati perché non conviene
economicamente. I costi sarebbero troppo elevati. Di conseguenza, la progressiva mancanza di uranio comincerà a farsi sentire tra il 2015 ed il 2025, quando le centrali nucleari produrranno meno energia fino a fermarsi del tutto.”Come accennato all’inizio, le centrali nucleari di oggi, che sono circa 450 nel mondo, funzionano grazie all’uranio estratto, ma anche in buona parte dalle riserve militari. E a sentir parlare la dott. Chevalley non ci sono molte speranze di trovare nuovi giacimenti, ma essendo un metallo presente pressoché ovunque, l’uranio è virtualmente estraibile anche da altre fonti, compresa l’acqua.
Nel mare, per esempio, sono disciolti ben 4 miliardi di tonnellate di uranio naturale, ovvero quanto basterebbe per rifornire le centrali nucleari attuali per 60.000 anni. Ma questo, purtroppo pare non risolvere il problema.(Oggi il consumo dell’Uranio ha superato la produzione (che raggiunge i 78.000 tonnellate di Ossido di Uranio – fonte: WNA), e i giacimenti esistenti si stanno esaurendo. Inoltre il 33% della produzione proviene dalle scorte militari e civili che dovrebbero diminuire del 70% entro il 2030, mentre l’estrazione crescerà solo del 20%. Le attuali riserve naturali sono di 4,75 MtU, sufficienti a coprire le esigenze per parco nucleare esistente per 70 anni, ma la World Nuclear Association (WNA) stima che la capacità nucleare installata potrebbe anche raddoppiare entro il 2030 e generare una domanda totale di uranio di 6 MtU). Questa situazione strutturale ha portato ad un aumento eccezionale delle riserve dal 2003, (salvo un’improvvisa riduzione delle transazioni spot nel primo quadrimestre del 2008) e prefigura nei prossimi anni ad una ripresa dell’attività di ricerca di nuovi giacimenti di Uranio.


“La centrale nucleare di Leibstadt in Svizzera utilizza ogni anno 155 tonnellate di uranio, il volume d’acqua di mare che servirebbe per estrarlo corrisponde a 52 miliardi di metri cubi, ovvero due terzi del lago di Ginevra. Per pompare una tale mole di acqua consumerebbe tutta l’energia ipoteticamente prodotta”.
Un altro esperimento è stato tentato dall’Agenzia Nucleare Giapponese: “In Giappone hanno immerso nel mare degli oggetti simili ad alghe lunghe cento metri prodotte con un materiale capace di attrarre l’uranio. Per rifornire la stessa centrale di Leibstadt di cui sopra, bisognerebbe sommergere seicento mila oggetti simili (in un’area pari a quella della Valle d’Aosta). Ogni due mesi li si dovrebbero raccogliere per passarli in un acido capace di recuperare l’uranio e quindi riportare questi oggetti in mare. Sarebbe un’opera ciclopica senza contare gli inconvenienti per la pesca e per la navigazione. Bisogna
quindi porre fine all’utopia che l’uranio ‘marino’ possa risolvere tutti i problemi di approvvigionamento”.Per la dottoressa Chevalley, aprire nuove centrali sarebbe un errore sia politico che economico.
“Uno studio francese ha dimostrato che investendo nelle energie rinnovabili e in
politiche di risparmio energetico, lo stesso importo necessario per la costruzione di una nuova centrale nucleare, circa 3 miliardi di euro, si arriverebbe a produrre il doppio di energia elettrica”.
I difensori delle centrali nucleari sostengono, però, che attraverso le fonti rinnovabili non si potrà mai ottenere la stessa quantità di energia prodotta, più facilmente, con il nucleare. Ma Isabelle Chevalley  non è d’accordo.
“Prendo l’esempio di un’azienda tedesca che produce pannelli solari termici ad alta temperatura Quest’azienda sostiene che coprendo con centrali ‘eliotermodinamiche’ solo l’uno per cento del deserto del Sahara l’energia prodotta basterebbe all’intero fabbisogno mondiale. Con questo non voglio che ci si debba concentrare su una sola fonte, ma il potenziale di tutte le fonti rinnovabili è davvero enorme e soprattutto bisogna smettere di dire che costa troppo Quante guerre sono state fatte al fine di garantire l’approvvigionamento energetico? Quante sono state le sovvenzioni al nucleare, al carbone
ed al petrolio? Le energie rinnovabili non sono solo ecologiche ma anche economiche”.
   

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Le centrali nucleari non emettono CO2". Vero. Ma falso.

Le centrali nucleari non emettono CO2". Vero. Ma falso.  
  In effetti nell’area delle centrali nucleari non si hanno gravi immissioni di CO2 in atmosfera. Ma cosa succede, prima? E cosa succede, dopo?
Il fatto è che tutt’intorno, dalla prima fase all’ultima, l’energia nucleare ha costi ambientali esorbitanti, naturalmente traducibili in termini di CO2. Questi sono i fattori.
– Le prospezioni geologiche.
– L’estrazione dell’uranio.
– Il processamento dell’uranio come combustibile.
– Il costo dello smaltimento delle scorie – problema terribile e irrisolvibile: in America milioni di tonnellate di scorie che rimarranno pericolose per 10.000 anni sono stipate nella Yucca Mountain, ma la questione ha causato gravi problemi sia amministrativi, che politici, che strutturali (l’amministrazione Bush nel 2004 ha surretiziamente modificato i già blandi limiti di sicurezza, avevamo seguito la questione).
– L’uranio non è inesauribile (ce n’è per 40 anni, solo con le attuali centrali).
– La valutazione dei costi dei possibili incidenti.
– Sembra impossibile districare i programmi nucleari civili da quelli bellici (caso Iran).
– La forma stessa della produzione energetica non va verso il modello di "rete" diffusa ma tende invece all’accentramento e pare quindi avere una direzione antistorica.

Sarà per questi motivi che nessuna merchant bank sostiene più costruzioni di nuove centrali; che recentemente Deutsche Bank e Unicredit si sono meritoriamente tirate indietro da controversi progetti internazionali; che nessuno Stato occidentale ha più in cantiere una centrale (tranne una in Scandinavia che però è in forse) e la Germania ha già varato un piano per chiuderle tutte entro il 2050.

Incidenti nuclari nel mondo negli ultimi anni

Sarà per questi motivi che pochi stati autoritari, che si contano sulle dita d’una mano, stanno mettendo in cantiere centrali nucleari, mentre in USA non se ne costruisce più una e in tutta Europa si punta solo su risparmio energetico e fonti rinnovabili?
Stefano Carnazzi

Effetti collaterali Chernobyl

 

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