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L’ “astronauta” di Palenque


Nel giugno 1952 un’equipe guidata dall’archeologo messicano Alberto Ruz, impegnata nel restauro di alcune rovine Maya di Palenque (Palenque è solo il nome dato dagli spagnoli durante il loro dominio alla località,  il nome antico della città era «Na Chan Caan», letteralmente «La Casa del Serpente Celeste»!) ,situato nello stato messicano del Chiapas,, rinvenne,all’interno di una piramide,  il sarcofago di un re Maya di nome Pacal vissuto nel VII secolo d.C. , la scoperta fu fatta quasi per caso in un gruppo di rovine abbandonate da secoli e che la vegetazione, nonché pietre e detriti, avevano coperto quasi completamente.Dobbiamo tenere presente che Palenque era già stata abbandonata quando vi giunsero i conquistadores.
La spedizione condotta di Ruz si occupò per mesi di questa importante scoperta, ma alla fine i risultali furono veramente sorprendenti.
Per sollevare il coperchio del sarcofago,pesante 5 tonnellate, fu necessario ricorrere a tecniche modernissime e all’interno fu rinvenuto lo scheletro di un uomo alto 1 metro e 73 centimetri con il volto coperto da una maschera di giada.
Si suppone si trattasse del re Pacal e certamente si trattava di un gigante se pensiamo che l’altezza media dei maya era sull’ordine del metro e 50 centimetri. Di sicuro si trattava di un personaggio di tutto rispetto se a tutt’oggi questa rimane l’unica sepoltura rinvenuta in una piramide americana, e in America del Sud le piramidi finora scoperte sono molte.
La cosa che però fece più impressione, non appena la si poté osservare con calma, resta senz’altro la grossa lastra di pietra che copriva il sarcofago. Per interpretarla furono usate le più varie e cervellotiche ipotesi, ma nessuna che fosse soddisfacente. L’unica che, una volta osservata un’immagine della pietra, fosse plausibile è senz’altro quella che sembra anche la più incredibile e , forse, la più “impossibile”: l’ipotesi della capsula spaziale…!Entrando più nel dettaglio, la scena raffigura un uomo seduto in una sorta di abitacolo, piegato in avanti, con mani e piedi appoggiati ad oggetti di varie forme e dimensioni che ricordano congegni meccanici. Dietro all’uomo vi è un blocco che fa pensare al “motore” della navicella. Il piede destro sembra essere appoggiato su un pedale ed addirittura l’uomo sembra avere un respiratore collegato al suo naso.Inoltre, per finire, dalla parte posteriore della “navicella” fuoriescono delle fiamme.Altra  presenza “strana” è l’altrettanto famoso «guerriero maya», un personaggio scolpito su una stele  nella stanza del sarcofago, riccamente parato e con in mano uno strano oggetto che potrebbe raffigurare tranquillamente un moderno fucile mitragliatore o un lanciafiamme. Le caratteristiche somatiche poi appaiono identiche a quelle del nostro “astronauta”.

Secondo l’archeologia ufficiale, ed anche secondo il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), il bassorilievo potrebbe essere spiegato come metafora di un sacerdote o di un re raffigurato al momento della morte, durante il passaggio dal mondo dei vivi all’aldilà, stilizzato attraverso dei simboli tipici della cultura Maya, ma, vista la particolarità della raffigurazione, nella quale troppi particolari riportano all’astronautica, sembra che tra le due interpretazioni la meno probabile sia proprio quella ufficiale.
Ovviamente tutto questo appare incredibile poiché si tratta di un reperto archeologico risalente a più di 1000 anni fa, ma basta osservare la pietra tombale per rendersi conto che la spiegazione più incredibile e anche la più soddisfacente. Certamente pensare ad antichi maya scorrazzanti su razzi spaziali non è facile da dirigere: l’argomento è buono per un mediocre romanzo di fantascienza, ma tuttavia la piramide e la lastra di pietra di Palenque sono ancora là a ricordarci che molte volte la realtà è più incredibile della più incredibile fantasia.

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