Archivio mensile:gennaio 2014

Oreopithecus Bambolii,l’Ominide del Baccinello

Nell’estate del 1958 (Il 2 agosto) accadde un fatto che sconvolse la realtà di un piccolo paese vicino a Grosseto.A 200 metri di profondità in una miniera di lignite a Baccinello fu scoperto uno scheletro di ominide preistorico sul soffitto di una galleria.Altri reperti fossili erano stati ritrovati dai minatori nel tempo:coccodrilli,tartarughe,erbivori,roditori, in quello che era stato,tra i 9 e i 6 milioni di anni prima, il fondo di una laguna,ma mai era stata fatta una scoperta così sensazionale .                                                                                                                                                                   Immagine Fu avvertito immediatamente il professor Hurzeler che accorse con il suo assistente Lorenz per analizzare il fossile.Era lo scheletro di un Oreopithecus Bambolii,nome motivato dal primo ritrovamento avvenuto nel 1870 sul Monte Bamboli vicino a Massa Marittima.Altri resti di questa scimmia caudata sono stati trovati sulle colline metallifere nei pressi di Ribolla e Montemassi. Immagine                                                        L’Oreopithecus aveva un’andatura bipede e notevoli capacità di manipolazione e pur non essendo imparentato con l’uomo,ne rappresenta un lontanissimo avo estintosi 6 milioni di anni fa ,cioè 2 milioni di anni prima che comparisse l’Australopiotecus in Africa.Sono state la posizione eretta e la manualità che hanno permesso a questo ominide di sopravvivere per tre milioni di anni ai tremendi sconvolgimenti climatici avvenuti 9 milioni di anni fa in Europa.Immagine                                         I minatori che effettuarono il ritrovamento chiamarono l’Oreopithecus Sandrone,e con questo nome è conosciuto al Baccinello e in Maremma.

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Mi hanno sparato sette pallottole per una vendetta d’onore.

 

 

l'ultima storia

 

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Articolo di Monica Perosino sulla Stampa del 10/01/2014

Questa storia raccontata da Monica Perosino sembra avvenuta nella preistoria ,perchè tutti i popoli civili si rifanno a leggi fatte dall’uomo per l’uomo e non da l’uomo per le bestie.Non credo che usanze simili siano esistite durante i regni mesopotamici,nell’antica Grecia,durante l’impero romano o nel medioevo.Il trattamento riservato alle donne nel Kohistan è fuori dal tempo e da questo mondo.Mentre nel mondo occidentale si parla di google-glass,droni che fanno consegne per Amazon,Robot che operano pazienti in zone del pianeta arretrate ed oscure la cattiveria e l’idiozia,mascherate da riti e tradizioni,dilagano.Forse la nostra non sarà la migliore delle vite possibili,ma ringrazio Dio ( o Visnù,o Manitou,o il Fato) di essere nato qua.

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Nabta Playa

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Nabta Playa è situato circa 800 chilometri a sud della moderna Cairo e circa 100 chilometri a ovest di Abu Simbel nell’ Egitto meridionale , vicino al confine egiziano – sudanese .I reperti archeologici rinvenuti nel luogo, indicano che l’occupazione umana nella regione risale ad almeno il 10 °/8 ° millennio a.C. Fred Wendorf scopritore del sito, e l’etno-linguista Christopher Ehret hanno suggerito che le persone che occupavano questa zona a quel
tempo erano pastori di bestiame,utilizzavano pettini in osso di pesce e creavano ceramiche elaborate,ornate da soggetti dipinti e complicati, che appartengono ad una lavorazione fortemente associata a quella utilizzata nella parte meridionale del Sahara;la prima ceramica a Nabta Playa è datata tra il 9.800 e l’8.000 a.C., almeno 1500 anni prima della comparsa della coltivazione e il conseguente sedentarismo. A Nabta sono state rinvenuti piatti, strutture tombali ed un certo numero di lastre e megaliti rovesciati disposti su di una circonferenza

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Infatti nel 5 ° millennio a.C. questi popoli hanno creato uno dei dispositivi astronomici più antichi conosciuti al mondo ( più o meno contemporaneo al circolo Goseck in Germania):un piccolo cerchio di pietre che ricorda e precede Stonehenge (2600 aC ) , e altri siti preistorici simili, di circa 1000 di anni. Le ricerche suggeriscono che potrebbe essere stato un calendario preistorico che avrebbe segnato con una certa precisione il solstizio d’estate .Gli archeologi ritengono che il popolo Nabta Playa possa essere stato il precursore delle grandi civiltà che si sono sviluppate nelle città sul Nilo sorte in Egitto migliaia di anni dopo .Anche se i resti della civiltà Nabta si trovano oggi in una regione arida , in realtà è sorta nel momento in cui, essendosi spostati i flussi che determinano il movimento dei monsoni,la vallata era stata riempita da un lago, rendendo possibile il fiorire di una grandecultura .Nabta Playa è infatti vicino ad un bacino prosciugato e serviva come importante centro cerimoniale per le tribù nomadi. Anche se alcuni ritengono che la raffinata ed alta cultura delle cronologisticamente successive dinastie egiziane sia stata preso in prestito dalla Mesopotamia e dalla Siria,l’astronomo J. McKim Malville dell’Università del Colorado ed altri studiosi, credono che la cultura Nabta sia così complessa e simbolica che potrebbe aver stimolato la crescita proprio della civiltà che alla fine costruì le prime piramidi lungo il Nilo circa 4500 anni fa.Un fatto storicamente rilevante è stato la scoperta che,all’inizio del Neolitico,gli abitanti costruirono alcuni villaggi dotati di pozzi, quindi,mentre si riteneva, in un primo momento, che gli antichi nomadi vivevessero nella regione solo durante le estati piovose , questi pozzi possono averne permesso la presenza per tutto l’anno .                                

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Negli ultimi anni ,una spedizione di ricerca ha scoperto un tumulo funerario nel bacino del lago Nabta Playa , che sovrasta i campi dei monoliti di pietra , ora distrutto dai venti del deserto .Nel suo piccolo pozzo di sepoltura è stato trovata la testa di un bambino di 2,5/3 anni,senza dubbio il figlio di un potente dominatore del deserto nubiano di circa 3500 anni aC,poco prima della creazione del primo stato egiziano

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http://io9.com/5928085/10-civilizations-that-disappeared-under-mysterious-circumstances

http://traveltoeat.com/a-history-of-ancient-prehistoric-architecture/

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Barba e sorriso smagliante Ecco il divo di Stonehenge (La Stampa)

Ricostruito il volto di un uomo del Neolitico. Tra mille sorprese
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                                                                       STEFANO RIZZATO                                                                       Secondo le ultime ipotesi, la costruzione di Stonehenge fu intrapresa intorno al 3100 a.C. e si concluse intorno al 1600 a.C.Starebbe alla grande in uno dei film sul Signore degli Anelli. Oppure «seduto in metropolitana, a fianco a voi», come ha suggerito il suo creatore. Barbuto come va di moda oggi, l’uomo di Stonehenge è tra noi. Ed è bello, niente affatto selvatico. Sembra quasi Russell Crowe. Chi vuole può vederlo di persona, all’ingresso del nuovo museo allestito per il famoso sito archeologico inglese. Ovviamente non si troverà di fronte l’originale in carne e ossa, che oggi avrebbe circa 5500 anni sulle spalle, ma un modello ricreato dagli scienziati e dallo scultore svedese Oscar Nilsson.  Grazie alle nuove tecnologie è bastato studiare i resti di un uomo del Neolitico – arrivati quasi intatti e scoperti 150 anni fa – per risalire alle sembianze di questo «pro – pro – prozio» dei sudditi della Regina. Sarebbe vissuto 500 anni prima che il misterioso complesso di Stonehenge venisse eretto. Difficile che fosse dedito al tè delle cinque, ma di lui si sa molto altro. Prima di tutto l’età: tra i 25 e i 40 anni. E poi l’altezza, circa 172 centimetri e quindi decisamente superiore alla media dell’epoca, di 165. A «parlare» agli studiosi sono stati soprattutto i denti, bianchi e poco rovinati, analizzati dal punto di vista chimico e in grado di raccontare molti dettagli sull’uomo di Stonehenge. Il profilo che ne è uscito – e non sorprende, viste le abitudini dell’epoca – è quello di un gran viaggiatore. Nato in Galles, si sarebbe trasferito intorno ai tre anni verso Est, nella zona diventata famosa per i megaliti. Sarebbe poi tornato a Ovest, forse dalle parti dov’era nato, intorno ai nove anni. Ma la gioventù da pendolare non era finita e a quello sarebbero seguiti altri quattro viaggi, tra Est e Ovest, più o meno sul solito itinerario. Grazie ai denti è stata ricostruita anche la dieta dell’antico inglese: ricca di carne, ancor più dei suoi contemporanei. Un dettaglio non da poco, che rafforza l’ipotesi che l’uomo di Stonehenge fosse un pezzo grosso della sua comunità, come già la meticolosa e inusuale sepoltura aveva suggerito. I muscoli, modellati in terracotta, sono stati ricostruiti sulla base della lunghezza delle ossa e del peso dello scheletro. Ma ciò che è destinato a stupire i visitatori – se ne attendono 1,2 milioni nel 2014 – è l’incredibile realismo del volto: il frutto dell’incontro tra la scienza, con le tante informazioni recuperate in laboratorio, e l’estro dell’artista, che ha aggiunto il suo tocco e ha permesso ai resti di rivivere. Il primo passo per ricostruirlo è stato una copia in vinile del cranio, fatta all’Università di Bradford. Su questa base Nillson ha lavorato una sagoma in silicone dipinto, che ha modellato e arricchito con i capelli e la barba all’ultima moda. «Ho dovuto metterla, all’epoca non c’erano certo rasoi», ha spiegato lo scultore. A rafforzare l’idea che l’uomo di Stonehenge sia vissuto con qualche agio in più rispetto ai suoi contemporanei, e rispetto agli standard del Neolitico, c’è anche l’analisi approfondita delle ossa. A parte una lesione al legamento del ginocchio e una al muscolo di una coscia, il nostro eroe non sembra aver sofferto gravi infortuni, né fratture nel corso della sua vita. E dire che erano tempi piuttosto movimentati. Per gli scienziati è stato invece impossibile capire le cause della morte, invisibili all’analisi delle ossa. Forse, ha spiegato Simon Mays, il biologo dell’università di Southampton che ha curato il caso, fu colpa di un’infezione fulminea, troppo veloce per lasciare tracce.lastampatop2http://www.lastampa.it/2014/01/07/societa/barba-e-sorriso-smagliante-ecco-il-divo-di-stonehenge-3kwEawIG6IseYDQ3CFxBMI/pagina.html

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Evoluzione: dall’Australopithecus all’Homo Sapiens

Non dobbiamo immaginare l’evoluzione umana come un ruscello che diventa un torrente e poi un fiume tranquillo che scorre verso il mare con i geni che lavorano per adattare l’individuo al clima,al territorio ed all’ambiente in genere.La trasformazione da Australopithecus ad Homo Sapiens è caratterizzata da numerosi rivoli che si sono inariditi dopo poche generazioni,errori o tentativi genetici che non si sono mai assestati.In altri casi si possono essere seccate vie d’acqua con caratteristiche ereditarie migliori di quelle odierne,ma non lo sapremo mai.In questo diagramma si evidenziano alcune (quelle emerse dalle ricerche archeologiche)delle specie che si sono affacciate sul  teatro evolutivo della terra.

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*Denominazione derivata da Le Moustier Località della Francia (Dordogna).con la quale si intendono gli aspetti preistorici del Paleolitico medio, di età riss-würmiana (80.000 anni fa) e würmiana (37-35.000 anni fa), diffusi in Europa e, in parte, in Africa e in Asia.A Le Moustier nel 1863 H. Lartet e H. Christy scoprirono una stazione preistorica . Oltre a resti (negli strati basali) di industria su scheggia ritoccata, con piano di percussione preparato, definita industria musteriana, e a resti (negli strati superiori) di industria litica aurignaziana, nella
stazione furono ritrovati i resti di 2 scheletri di neandertaliani.

**Cultura del Paleolitico inferiore, che prende il nome da Saint-Acheul Località della Francia settentrionale, alla periferia di Amiens. A seguito dei notevoli ritrovamenti paleolitici nella zona, fu dato il nome di Acheuleano a un periodo della cultura paleolitica. Lo strumentario litico è caratterizzato da manufatti bifacciali (amigdale). Le industrie acheuleane più antiche sono state rinvenute in Africa, da dove, attraverso il Vicino Oriente,si diffuse in Europa e in Asia.

***In paletnologia, detto di un’industria del paleolitico inferiore dell’Africa orientale, caratterizzata da strumenti su ciottoli (choppers, chopping-tools), raschiatoi, schegge ritoccate, ecc., e anche da punteruoli e strumenti bifacciali, associati a resti di tipi diversi di ominidi, di grandissima importanza antropologica; prende il nome dalla gola di Olduvai (ingl. Oldoway ‹óuldëuei›), in Tanzania, dove è stata rinvenuta.

http://www.handprint.com

http://www.treccani.it/

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Australopithecus sediba

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Il ritrovamento dell’ Australopithecus sediba attraverso le parole di Lee R. Berger*:
…”Malapa fu individuato quando intrapresi un’esplorazione generale della regione nota come Culla dell’Umanità, alla ricercadi nuovi depositi ricchi di fossili. Grazie a nuove tecnologie come Google Earth e alla mappatura del territorio medianteesami fisici, scoprimmo nella prima metà del 2008 un importante numero di nuove grotte e di siti di fossili. Il 1°agosto 2008 scoprii il sito di Malapa, riconoscendolo come un significativo deposito fossile all’interno di una grotta scoperchiatadi almeno 25×20 metri, in un’area non esplorata inprecedenza dagli studiosi. Diversamente da tante altre grotte della regione, a Malapa non ci sono state molte attività minerarie
e di scavo: le cave sono state sfruttate, con ogni probabilità,solo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, e quasi certamente tali attività si erano già concluse entro la metà degli anni Trenta del secolo scorso, quando Robert Broominiziò a perlustrare la regione.
Il 15 agosto 2008 organizzammo la prima spedizione sul sito.Fu mio figlio Matthew, che aveva allora nove anni, a trovare i primi reperti di ominini.Nelle settimane e nei mesi che seguirono la ricchezza del sito apparve in tutta la sua evidenza: furono avvistati e riportati in superficie numerosi fossili di ominini.
Il 4 settembre 2008 scoprii un secondo scheletro parziale di adulto,molto ben conservato, e due denti superiori associati(MH2). La scoperta di questo esemplare fu particolarmente importante perché fu rinvenuto in situ nei sedimenti di detriti cementati e calcificati del pozzo di miniera, fornendo così una collocazione precisa dei resti e portando alla scopertadella posizione in sito esatta del reperto originale”…

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* (Lee Rogers Berger nato 22 Dicembre 1965 è un paleoantropologo, antropologo fisico e archeologo ed è meglio conosciuto per la sua scoperta dell’ Australopithecus sediba e il suo lavoro sulle proporzioni del corpo dell’Australopithecus africanus e l’ipotesi Taung Bird of Prey).

2 milioni di anni fa l’antenato dell’uomo era una miscela di scimmia e umano , con caratteristiche che gli permettevano di coprire grandi distanze su due gambe e,con la stessa facilità,di correre velocemente sui rami degli alberi.I fossili di una specie poi denominata ” Australopithecus sediba ” sono stati scoperti in una grotta a Malapa vicino a Johannesburg nel 2008 ed hanno dato ai ricercatori nuovi indizi circa l’evoluzione dell’uomo.Questo fossile rappresenta la forma di transizione tra l’Australopithecus africanus (genere Australopithecus) e l’Homo habilis o il più tardo Homo erectus (genere Homo, il nostro).
Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista Science,sediba misurava in piedi circa 1,3 metri di altezza ed aveva una gabbia toracica stretta e simile a quella delle scimmie ma con una colonna vertebrale flessibile più simile a quella di un essere umano;le sue lunghe braccia e il potente tronco lo aiutavano nelle scalate.
L’Australopithecus sediba aveva un piccolo tallone molto simile a quello di uno scimpanzé e camminava con una rotazione verso l’interno del ginocchio e dell’anca con in piedi leggermente ritorti.”E ‘ il compromesso perfetto di qualcuno che ha la necessità di camminare sul terreno in modo efficace per lunghe distanze ed allo stesso tempo, è uno scalatore molto capace “, ha detto Lee Berger , responsabile del progetto presso il Wits evoutivi Studies Institute in Sud Africa . I ricercatori hanno in programma ulteriori studi per vedere come questi fossili dei primi parenti umani conosciuti come hominidi siano confrontabili ad altri resti , perchè aiutino a mettere insieme i pezzi dell’evoluzione .
I sedimenti della grotta estratti di recente nel sito di Malapa includono uno strato di roccia vulcanica che ha sigillato l’unità sedimentaria contenente i fossili di Australopithecus sediba.La datazione Uranio/Piombo in combinazione con l’analisi paleomagnetica e stratigrafica della roccia magmatica e dei sedimenti sottostanti, fornisce la data, approssimativamente di 1,98 milioni anni fa per questi fossili. Questo raffinato sistema di datazione suggerisce che l’Australopithecus sediba di Malapa sarebbe stato la prima prova incontestabile dell’origine africana dell’Homo.

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Le ossa della mano di un singolo individuo con una chiara appartenenza sono scarse nei reperti fossili, fatto che ha ostacolato la comprensione dell’evoluzione delle capacità manipolative negli ominidi.In questo sito,invece,sono stati rinvenuti un polso quasi completo e la mano di un adulto di sesso femminile;la mano presenta una serie di caratteristiche simili a quelle dell’Australopithecus, come ad esempio un forte apparato flessore associato allocomozione arborea e caratteristiche simili a quelle dell’Homo, come un lungo pollice e le dita brevi associabili alla precisione della presa e alla capacità di produrre utensili in pietra. Confronti con altri ominidi fossili suggeriscono che ci siano stati almeno due morfotipi di mano distinti in tutta la transizione Plio-Pleistocene. I fossili ritrovati suggeriscono che l’Australopithecus sediba potesse avere le condizioni di base associate ad una precoce produzione ed uso di utensili in pietra.Comunque l’uso della zampa anteriore soprattutto per la prensilità e la manipolazione sembra sorgere più tardi, probabilmente con l’emergere dell’ Homo erectus.
Due parziali colonne vertebrali di Australopithecus sediba consentono di approfondire alcuni temi riferiti alla mobilità della colonna vertebrale, curvatura lombare, formula vertebrale, e posizione della vertebra di transizione dei primi ominidi.Questo soggetto probabilmente possedeva cinque vertebre lombari e cinque elementi sacrali, la stessa configurazione che si verifica grossomodo negli esseri umani moderni. Questo dato contrasta con altre interpretazioni del numero di vertebre negli ominidi. È importante sottolineare che la vertebra di transizione è distinta e sopra l’ultima vertebra toracica. Questa configurazione avrebbe contribuito a una colonna vertebrale altamente flessibile rispetto ai precedenti membri del genere Australopiteco e più simile a quella dello scheletro dell’Homo erectus di Nariokotome (Il “ragazzo di Nariokotome” visse in Africa circa 1,6 milioni di anni fa. Morì a 11 anni ma, se fosse riuscito a diventare adulto, avrebbe potuto raggiungere un’altezza di 1 metro e 80 centimetri. Era un esemplare di Homo ergaster, un probabile nostro precedente stadio evolutivo).
La forma del torace di primi ominidi è stato un punto di contesa per più di 30 anni a causa delle condizioni di frammentarietà delle costole degli ominidi fossili ed anche se alcuni degli esemplari che sono stati recuperati hanno costole abbastanza complete da permettere il riassemblaggio abbastanza accurato della forma del torace, lasciano aperta la questione se il petto sia stato di forma cilindrica come gli esseri umani e dei loro antenati evoluti.

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http://www.profleeberger.com/
http://www.sciencemag.org/
Australopithecus sediba Hand Demonstrates Mosaic Evolution of Locomotor and Manipulative Abilities
Tracy L. Kivell, Job M. Kibii, Steven E. Churchill, Peter Schmid, and Lee R. Berger
The Vertebral Column of Australopithecus sediba
Scott A. Williams, Kelly R. Ostrofsky, Nakita Frater, Steven E. Churchill, Peter Schmid, and Lee R. Berger
Geological Setting and Age of Australopithecus sediba from Southern Africa
Paul H. G. M. Dirks, Job M. Kibii, Brian F. Kuhn, Christine Steininger, Steven E. Churchill, Jan D. Kramers, Robyn Pickering, Daniel L. Farber, Anne-Sophie Mériaux, Andy I. R. Herries, Geoffrey C. P. King, and Lee R. Berger
The Foot and Ankle of Australopithecus sediba
Bernhard Zipfel, Jeremy M. DeSilva, Robert S. Kidd, Kristian J. Carlson, Steven E. Churchill, and Lee R. Berger

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