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Il principe Raimondo di Sangro

Chi si trovasse a transitare da Napoli, per turismo o per lavoro, non può lasciarsi sfuggire una visita alla Cappella Sansevero dei Sangro, altrimenti nota come “La Pietatella”. Costruita nel 1590 come cappella sepolcrale della nobile famiglia dei Sangro, è attigua al  palazzo abitativo cui era collegata da un cavalcavia misteriosamente crollato, senza cause apparenti nel 1889.Nella Cavea sotterranea sono oggi conservate, all’interno di due bacheche, le famose  Macchine Anatomiche, ovvero gli scheletri di un uomo e di una donna in posizione eretta, con il sistema artero-venoso quasi perfettamente integro.

La tradizione vuole si tratti di persone morte accidentalmente, cui Raimondo de Sangro avrebbe inoculato una sostanza di origine e composizione sconosciute, che avrebbe “metallizzato” tutte le vene, le arterie, i vasi capillari e alcuni organi. Altra ipotesi è quella della ricostruzione del sistema circolatorio eseguita da un medico anatomista, sotto la direzione di Raimondo de Sangro, con cera d’api ed altro materiale. In tal caso, tenuto conto delle esigue conoscenze anatomiche dell’epoca intorno al sistema circolatorio, stupisce la perfezione con la quale esso sarebbe stato riprodotto.

Le Macchine in realtà furono probabilmente realizzate dal medico palermitano Giuseppe Salerno,effettivamente sotto la direzione di Raimondo di Sangro; il reperimento di atti notarili e fedi di credito consente di datare questi “lavori” al 1763-64. L’interesse che la Cappella ha suscitato nei secoli, stimolato dalle leggende metropolitane sorte intorno all’enigmatica figura del Principe, va però ben oltre il valore estetico delle opere ivi conservate. Gli amanti del sapere esoterico hanno assegnato al Tempietto di Raimondo di Sangro una posizione preminente nel loro vasto universo di luoghi dedicati alla “cultura alchemica”: viene annoverato, infatti, tra le dimore filosofali, assieme alle Cattedrali di Notre-Dame de Paris e d’Amiens, con le quali si tenta  di evidenziare i simbolismi comuni interpretati nell’ambito degli insegnamenti iniziatici. I seguaci delle scienze occulte, alimentandosi dell’ingiuriosa fama di stregoneria in cui è stata avvolta la memoria del Principe, sfruttano la Cappella per diffondere la fama di una Napoli Noir, città magica al pari di Torino, Praga e Lione. Ancora oggi, a circa due secoli e mezzo di distanza,a parte le ipotesi prima citate, non si sa attraverso quali procedimenti o adoperando quali materiali si sia potuta ottenere una tanto eccezionale conservazione dell’apparato circolatorio.

Raimondo di Sagro, discendeva per famiglia direttamente da Carlo Magno attraverso il ramo di Oderisio e nacque nel lontano 1710. La madre morì quando lui aveva un anno e il padre, per il dolore, si ritirò a vivere in un monastero. Il bambino fu prima affidato alle cure del nonno e poi dei Gesuiti che lo educarono dai dieci ai venti anni. .Se i due studi anatomici così inquietanti costituiscono le presenze più enigmatiche della Cappella Sansevero, il Cristo Velato,  , addirittura lascia l’osservatore senza fiato, tal è la meraviglia del velo marmoreo che, con la sua innaturale trasparenza, lascia intravedere il corpo sottostante del Figlio deposto. Non per caso Antonio Canova, pur non essendone l’autore, tentò di acquistare la scultura; non accidentalmente il maestro Riccardo Muti adottò l’immagine per la copertina di un CD del Requiem di Mozart .

Nell’Archivio Notarile di Napoli è stato rinvenuto il contratto tra il Principe e Giuseppe Sammartino(1720-1793),scultore e artista famoso per la sua abilità.In questo contratto egli si impegna ad eseguire l’opera di” una statua raffigurante Nostro Signore Morto al Naturale da porre situata nella cappella Gentilizia del Principe,cioè un Cristo Velato steso sopra un materasso che sta sopra un panneggio e appoggia la testa su due cuscini,apprè del medesimo vi stanno scolpiti una Corona di spine tre chiodi e una tenaglia”;il Principe si impegnava altresì di procurare il marmo e realizzare una ” SINDONE,una tela tessuta la quale dovrà essere depositata sovra la scultura,dopo che il Principe l’haverà lavorata secondo sua propria creazione;e cioè una deposizione di strato minutioso di marmo composito in grana finissima sovrapposta al telo.Il quale strato di marmo dell’idea del sig.Principe,farà apparire per la sua finezza il sembiante di Nostro Signore dinotante come fosse scolpito di tutto con la statua“.Il Sammartino si impegnava inoltre a ripulire detta ‘Sindone’per renderla un tutt’uno con la statua stessa.E a non svelare a nessuno la ‘maniera escogitata dal Principe per la Sindone ricovrente la statua”. Viene concordato che l’intera opera sarebbe stata interamente attribuita al Sammartino.

Ancora un personaggio che definire misterioso è riduttivo.

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Il Disco di Festo

 Nel 1908 un gruppo di archeologi stavano scavando a Creta nel palazzo minoico di Festo e trovarono un oggetto tra i più sorprendenti della storia.Era un disco del diametro di circa 15 centimetri,di terracotta non dipinto.Su entrambi i lati erano impressi i segni di quella che sembrava una scrittura, formanti una spirale che,compiendo 5 giri,andavano verso il centro.I segni erano 241 e rimpivano tutto lo spazio disponibile.Il disco è stato datato 1700 a.c. e anticipa di circa 2500 anni i primi tentativi in Cina e di 3100 quelli in Europa della stampa a caratteri mobili.Infatti i segni sulle facce non erano incisi a mano,ma impressi nella creta morbida con stampi e questo fatto sta a significare che il popolo che ha creato il disco deve aver “stampato” altri documenti;non si creano caratteri mobili per usarli una sola volta.La forma dei segni non è simile a nessuna di quelle note e potrebbe essere originaria di Creta o importata da chissà dove.Nei 100 anni trascorsi dal ritrovamento nessun progresso è stato fatto in merito alla decifrazione dei caratteri.

Pernier, per primo, pensò a un contenuto di carattere rituale e a un significato religioso si rifece anche il Dr. Anthony P. Svoronos, che considerò i segni come una preghiera o una richiesta di divinazione,Efi Polygiannakis, nel suo libro “The Phaistos disk speaks in Greek” , sostiene che il disco è scritto con il sistema sillabico di un antico dialetto greco. Anche secondo lei il contenuto è di carattere religioso,Per il neozelandese Steven Roger Fisher, autore di Glyphbreaker,si tratta di un antico linguaggio minoico simile al greco di Micene,due linguisti americani, Rev. Kevin Massey-Gillespie and Dr. Keith Massey sono convinti che il disco contenga una formula magica o una maledizione e che il linguaggio sia indoeuropeo.Come si vede ogni interpretazione può essere considerata valida,ma il disco di Festo resta la,nel museo di Iraklion(Creta),con tutti i sui misteri irrisolti.

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Rongorongo,la scrittura dell’Isola di Pasqua

Gli abitanti dell’isola di Pasqua erano di discendenza polinesiana, e gli archeologi datano il loro arrivo verso il 400 dC. Tutto il legname presente sull’isola era completamente distrutto e azzerato già nel diciottesimo secolo. Eppure, in una lettera del dicembre 1864, il monaco Eugenio Eyraud menziona l’esistenza di centinaia di tavolette di legno coperte di geroglifici, ma quattro anni dopo, monsignor Jaussen, Vescovo di Tahiti, potè recuperarne solo cinque . Solo 21 sono sopravvissute, sparse in musei e collezioni private. La scrittura su di esse è straordinaria. Glifi sottili e notevolmente regolari, circa un centimetro di altezza, fortemente stilizzati , sono scolpiti in scanalature sulle tavolette.

La tradizione orale narra che gli scribi hanno utilizzato  ossidiana e denti di squalo per intagliare i geroglifici e che sono stati scritti dal primo gruppo di coloni guidati da Hotu Matua. Ultimo, ma non meno importante, è un fatto scoperto da tre scolari di St Petersburg (allora Leningrado), poco prima della Seconda Guerra Mondiale: 3 delle 21  tavolette superstiti recano lo stesso testo con “grafie” leggermente diverse. Nel 1958 Thomas Barthel ha fatto una catalogazione di tutto il materiale disponibile rinvenuto nell’Isola di Pasqua   nel suo “Grundlagen zur Entzifferung der Osterinselschrift” ( ” Basi per la decifrazione dello Script di Pasqua “), purtroppo mai tradotto in inglese.

Quasi quaranta anni dopo, ancora oggi le tavolette rimangono  un enigma irrisolvibile. Il loro significato rimane sconosciuto, tranne che per le linee presenti in un reperto, che, al di là di ogni ragionevole dubbio, contiene un calendario lunare, già individuato come tale da Barthel nel 1958.

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Nikola Tesla un Leonardo alla fine dell’ottocento


Tempo fa mio sono imbattuto in un personaggio veramente ingombrante sotto il profilo storico/scientifico che,colpevolmente,non conoscevo:Nicola Tesla.Tesla nasce attorno alla mezzanotte tra il 9 e il 10 luglio 1856 nel villaggio di Smiljan vicino a Gospic, nella regione di Lika (Krajina)all’epoca nel regno asburgico, ora in Croazia. Suo padre, il Rev. Milutin Tesla, era un sacerdote  serbo ortodosso  di Karlovci e sua  madre, Uka Mandi, era una casalinga. Tesla aveva un fratello e tre sorelle ed andava a scuola a Karlovac (allora Austria-Ungheria, ora Croazia),  ha poi studiato ingegneria elettronica presso il Politecnico di Graz, Austria (1875)ed è lì che ha ideato l’uso della corrente alternata. Nikola Tesla  è stato un fisico, inventore e ingegnere elettronico di insolita brillantezza intellettuale e con spiccata pratica realizzativa ed ha lavorato soprattutto negli Stati Uniti.
Tesla è famoso soprattutto per aver concepito il principio di rotazione del campo magnetico (1882) e poi per averlo usato per inventare il motore a induzione, la corrente alternata e l’invio  a lunga distanza della corrente elettrica (1888).I suoi brevetti e il suo lavoro teorico formano la base per la corrente alternata e per i moderni sistemi di alimentazione elettrica.

Ha inoltre sviluppato numerosi altri impianti elettrici e meccanici  compresi i principi fondamentali e le macchine per lo sviluppo della tecnologia senza fili, tra cui  alternatore ad alta frequenza,  la  bobina di Tesla, ed altri dispositivi come il  turbina senza pale, la candela d’accensione e numerose invenzioni. A Tesla sono stati assegnati 221 brevetti in tutto il mondo di cui 113 negli Stati Uniti : Corrente alternata, alternatori, trasformatori e motori,  comunicazione via radio, lampade fluorescenti, sistemi di accensione per autoveicoli,  turbine, ecc Tesla è stato fondamentalmente disinterassato alla ricchezza, cercava solo di ottenere fondi per continuare la sua ricerca per il miglioramento le condizioni di vita dell’umanità. Dopo il 1915, Tesla lentamente svanisce nell’oblio, infine scompaiono anche i soldi nel 1943. Più tardi, quello stesso anno, la Corte Suprema degli Stati Uniti  dichiarò Tesla, il vero inventore della radio.


Il celebre fisico Niels Bohr ha ben sintetizzato con queste parole:
” La geniale invenzione di Tesla del sistema a più fasi, nonché i suoi esperimenti sul sorprendente fenomeno delle oscillazioni in alta frequenza sono stati alla base  dello sviluppo di  condizioni completamente nuove per l’industria e per le comunicazioni radio, ed ha avuto una profonda influenza su tutta la civiltà.”Quando Tesla arrivò in america aveva con se 4 centesimi , un libro di poesia, e una lettera di raccomandazione da Charles Batchelor(suo ex datore di lavoro) per Thomas Edison che diceva:”So che esistono due grandi uomini, tu sei uno,questo giovane è l’altro ” Lavorò con Edison che,dopo aver riorganizzato le sue industrie lasciò per divergenze:mentre Edison prevedeva un grande futuro per la corrente continua,Tesla vide subito l’applicabilità infinita della corrente alternata ,soprattutto per la facilità di trasporto a grandi distanze.

Nel mese di aprile 1887, Tesla iniziò ad indagare su una cosa che più tardi si sarebbe  chiamata raggi X. Il 30 luglio 1891, fu naturalizzato,divenne un cittadino degli Stati Uniti e creò il suo laboratorio in Houston Street, a New York.Riuscì ad accendere i tubi in vuoto in modalità wireless, fornendo elementi di prova per le potenzialità di sviluppo di questo sistema di trasmissione di potenza. Intorno a questo periodo, Tesla sviluppò una stretta e duratura amicizia con Mark Twain.Trascorsero molto tempo insieme nel laboratorio di Tesla e altrove.I migliori amici del genio sono stati gli artisti. Egli strinse anche amicizia con l’editore Robert Underwood Johnson, che ha adattò in serbo diverse poesie di Jovan Jovanovi.


A 36 anni gli furono concessi i primi brevetti riguardanti il sistema polifase.Continuò poi la ricerca sul sistema e sui principi del campo magnetico rotante.Nel 1892, Tesla venne a conoscenza di ciò che Wilhelm Röntgen successivamente identificò come raggi X.Eseguì quindi numerosi esperimenti (compreso fotografarsi le ossa della mano per poi inviare queste immagini a Röntgen) ma le conclusioni a cui giunse in queso campo non sono molto note perchè gran parte della sua ricerca è stata persa nel 1895 quando il laboratorio di Houston Street fu distrutto dal fuoco.

Tesla commentò i rischi del lavorare con i raggi X prodotti dai dispositivi, attribuendo i danni alla  pelle  all’ozono piuttosto che alle radiazioni: “Per quanto riguarda le ferite sulla pelle … ho notato che sono state travisate … Esse non sono dovute ai raggi Roentgen, ma solo all’ ozono generato al contatto con la pelle.L’acido nitroso può anche essere responsabile, ma in piccola misura. ” (Tesla, in Electrical Review, 30 novembre 1895). Ciò è palesamente inesatto,infatti Tesla se ne accorse osservando un suo assistente gravemente bruciato dalle radiazioni sprigionate da tubi catodici nel suo laboratorio.Tesla fu nominato Vice-Presidente dell ‘American Institute of Electrical Engineers dal 1892 al 1894. Dal 1893 al 1895,approfondì lo studio delle correnti alternate ad alta frequenza.Riuscì a generare corrente alternata di un milione di volt usando la bobina Tesla e studiò l’effetto dei conduttori sulla pelle,attuò la progettazione dei circuiti elettrici ed inventò una macchina per indurre il sonno, il cordless,le lampade a scarica di gas e l’energia elettromagnetica trasmessa senza fili,che contribuì in modo efficace alla costruzione del primo trasmettitore radio.Nel 1899 dopo aver ideato un sistema simili all’odierna iniezione elettronica per motori e un telecomando in grado di manovrare una nave a distanza, Tesla  decise di spostare la ricerca a Colorado Springs, Colorado, dove avrebbe potuto creare la sua camera ad alta tensione per gli esperimenti sull’alta frequenza.

Scelse questa località soprattutto a causa dei frequenti temporalie l’elevata altitudine (dove l’aria, essendo a bassa pressione, ha una minore resistenza dielettrica , il che rende più facile la ionizzazione). Inoltre, la proprietà era libera e l’ energia elettrica era disponibile dall’ El Paso Power Company. Oggi,grafici  di intensità magnetica mostrano inoltre che il terreno intorno al suo laboratorio disponeva di un fortissimo campo magnetico anche rispetto alla zona circostante.
Tesla tenne un diario dei suoi esperimenti nel laboratorio di Colorado Springs dove trascorse quasi nove mesi. Si compone di 500 pagine di appunti manoscritti e circa 200 disegni, registrati in ordine cronologico tra il 1 ° giugno 1899 e 7 gennaio 1900,e contiene  le spiegazioni dei suoi esperimenti e come si è svolto il lavoro.Qui è nato lo sviluppo di un sistema di telegrafia senza fili, la telefonia e la trasmissione di potenza, la sperimentazione di elettricità ad alta tensione e la possibilità di trasmettere senza fili e la distribuzione di grandi quantità di energia elettrica su lunghe distanze.

Egli ha anche ideato un sistema di esplorazione geofisica – Sismologica – che ha definito telegeodynamics, sulla base del suo alternativo oscillatore meccanico brevettato nel 1894, e ha spiegato che una lunga serie di piccole esplosioni potrebbero essere utilizzati per  creare  terremoti grandi abbastanza da distruggere la Terra.
Molto di ciò che Tesla ha scoperto si è perso anche perchè molte cose sono state tenute segrete da lui stesso.E’ quasi impossibile analizzare tutti i campi dove Tesla si è mosso con successo inventando nuove soluzioni o scoprendo sistemi fino ad allora sconosciuti e neanche immaginati,ma la sua vita si avvicina ,su scala diversa,a quella di Leonardo da Vinci.Tutti e due hanno precorso i loro tempi spesso non capiti,sempre fuori dal loro tempo,veri e propri ooparts viventi.

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Annunaki,Dei Sumeri o visitatori?


Tra le prime civiltà ci sono stati  diversi popoli che vivevano nelle fertili valli comprese tra il Tigri e l’Eufrate , o Mesopotamia, che in greco significa “tra i fiumi”. A sud di questa regione, in un settore attualmente in Kuwait e Arabia Saudita settentrionale, un misterioso gruppo di persone, che parlava una lingua estranea a qualsiasi altro linguaggio umano conosciuto, cominciò a vivere in città,  governate da una sorta di monarca, ed iniziò a scrivere.Erano i Sumeri , una delle prime società urbane ad emergere nel mondo, nel sud della Mesopotamia più di 5000 anni fa. Svilupparono un sistema di scrittura cuneiforme che avrebbe influenzato l’area geografica per gli  anni a venire e,  circa nel 3000 aC, si cominciarono a formare grandi città-stato nel sud della Mesopotamia che  controllavano zone di parecchie centinaia di miglia quadrate. I nomi di queste città parlano di un passato lontano e nebbioso: Ur, Lagash, Eridu.

I Sumeri erano costantemente in guerra gli uni con gli altri oltre che con gli altri popoli,soprattutto per l’acqua, scarsa e preziosa risorsa. Il risultato a lungo termine di queste guerre è stata la crescita delle grandi città-stato, poichè la più potente inghiottiva la più piccola .Gli antichi babilonesi sono stati a lungo considerati come i migliori astronomi  del mondo antico perchè diverse migliaia di anni prima di Copernico si resero conto che la terra e gli altri pianeti erano  tutti  sferici e ruotavano intorno al sole.Con queste conoscenze erano in grado di prevedere con precisione le eclissi di sole e di luna.Nuovi testi babilonesi tradotti indicavano la posizione delle stelle e dei pianeti ma anche la certezza che  sono stati calcolati in base a complesse equazioni ereditate dalla civiltà sumerica. I Babilonesi sembravano non capire le basi di queste equazioni e delle formule, ma sapevano solo come usarle.Erano i Sumeri che avevano una più esatta conoscenza del sistema solare. Il calendario è stato creato originariamente dai Sumeri circa nel 3000 aC ed è anche diventato il modello per il nostro.

Questo popolo ha infatti basato il proprio calendario sui cicli della luna,dividendo così l’anno in 12 mesi. I Sumeri erano a conoscenza anche delle più arcane  funzioni astronomiche, alcune delle quali è difficile capire come sia stato possibile, per loro, arrivarne alla comprensione. Per esempio hanno intuito come la terra, girando sul suo asse , traccia nello spazio  un cerchio con il punto del polo, la cui grandezza è determinata dal passare degli anni.
Per essere precisi, il polo traccia un cerchio  di circa un grado ogni 72 anni . Questo fenomeno è chiamato la precessione degli equinozi. È possibile osservare questo effetto in una trottola o in un giroscopio. Nei primi giri il punto nord rimane fermo, ma come la rotazione rallenta, il culmine comincia a tracciare cerchi, che diventano sempre più grandi fino a che l’oggetto cade.. Un Grande Anno, il tempo necessario al polo nord per tornare allo stesso punto è  25920 anni, calcolato moltiplicando i 72 anni necessari per passare da un grado ai 360 gradi di un cerchio.I Sumeri conoscevano e avevano capito la precessione e sapevano anche la lunghezza del Grande Anno, un dato davvero straordinario, considerando gli strumenti primituivi che possedevano per effettuare misurazioni.

I Sumeri sono stati anche in grado di misurare la distanza tra le stelle in modo molto preciso. Ma come è possibile che un popolo poco più che primitivo sia stato in grado di arrivare a questo grado di conoscenza astronomica? E ancor più misteriosamente, perché? Tali mappe stellari sarebbe necessarie  per viaggiatori dello spazio, ma non per gli antichi Sumeri . Considerata la straordinaria precisione dei  calcoli astronomici sumerici, forse conviene  considerare con prudenza quei punti dove le informazioni nostre e dei Sumeri non collimano. Assegnavano 12 “corpi celesti” al sistema solare: il sole, la luna e 10 pianeti. Oggi ne conosciamo 11, ma non è stato sempre così. Fino alla fine del 18 ° secolo gli astronomi occidentali erano  a conoscenza  di 6 pianeti – Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove e Saturno. Urano è stato scoperto nel 1781, Nettuno nel 1846, e Plutone nel 1930. Alla luce di queste considerazioni, è possibile che il 12° corpo celeste sia ancora da scoprire, forse era un pianeta che la popolazione Sumera chiamava Nibiru?

Curiosamente, nel 1972, Joseph L. Brady, un astronomo del Lawrence Livermore Laboratory ha scoperto una perturbazione nell’ orbita della cometa di Halley che potrebbe essere spiegata con la presenza di un pianeta delle dimensioni di Giove con un orbita di diverse migliaia di anni. Più di recente, è stato accertato che le traiettorie nello spazio di sonde come il Voyagers sono stati disturbati da una sconosciuta forza gravitazionale. E’ azzardato ,ma non impossibile,spiegare queste anomalie con l’esistenza di Nibiru? Forse l’ipotesi più affascinante è che  Sumeri abbiano ereditato la loro conoscenza dai loro “Dei”,gli “Annunaki.  Annunaki significa “quelli che sono venuti dal cielo sulla terra” (Anu = cielo , na = a venire, Ki = terra). Gli Annunaki erano infatti le antiche divinità dei Sumeri. Il capo del consiglio Annunaki era il Gran Anu, il dio del cielo. Il suo trono è stato ereditato da Enlil, dopo una controversia tra lo stesso Enlil ed Enki, suo cugino. Enki era un alchimista ed era considerato il responsabile della creazione dell’umanità.

Alcuni come Zecharia Sitchin, Laurence Gardner e David Icke sostengono che gli Annunaki erano in realtà extra-terrestri che sono venuti sulla Terra in antichità ed hanno manomesso il patrimonio genetico del primitivo  Homo sapiens.
Secondo Sitchin, questi esseri vivono su un pianeta chiamato,appunto, Nibiru, presumibilmente il 12 ° del nostro sistema solare, mentre altri sostengono che siano arrivati dalle Pleiadi. Resta il fatto che ,nella zona ,ci sono stati ritrovamenti di scheletri giganteschi,caratteristica fisica attribuita agli Annunaki e rimane inspiegabile la conoscenza astronomica  dei Sumeri alla quale abbiamo accennato.

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Eros 433.asteroide con mistero.

Eros 433 è un asteroide scoperto nel 1898 che orbita nell’universo e,periodicamente, passa relativamente vicino alla terra .Non possiede nessuna attrattiva nè la sua forma evoca qualcosa di interessante,è il solito tubero spaziale simile ai vari Apophis,Cerere,Hidago,ma ci sono alcuni particolari che lo rendono unico.La sua orbita è ,oltre che ellittica, imprevedibile ed irregolare e sulla sua superfice,fotografata dalla sonda Near-Shemaker della Nasa nel 2000,sono state notate alcune anomalie che mal si spiegano e si giustificano.Come si nota nelle fotografie,nella zona evidenziata nella prima,una volta ingrandita,risalta un oggetto che non ha nessuna ragione di esistere lì.Sembra un cono metallico(riflette la luce) circondato da sfere con superfici lucide e nessuna spiegazione è stata tentata nemmeno dagli addetti ai lavori .Il prossimo passaggio è “previsto”,per quanto possibile,il 30-01-2012,forse all’epoca riusciremo a capire.

Le foto sono a disposizione del pubblico sul sito della Nasa.

 

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I dischi Dropas di Bayan Kara Ula


Ogni storia per essere credibile deve fondarsi su prove che dimostrino la veridicità dei fatti,e queste prove devono poter essere esibite anche dopo il trascorrere degli anni.I ritrovamenti che andremo ad analizzare , purtroppo,non hanno la possibilità di essere controllati o anche solo osservati,soprattutto per l’ubicazione,la Cina,che notoriamente non brilla nel favorire la collaborazione internazionale in qualsiasi campo gli venga richiesta.Comunque questa è la “storia” dei dischi Dropas
dove non manca nulla,dal popolo extraterrestre  letteralmente caduto sulla terra a dischi con geroglifici che vibrano a contatto della corrente.Nel 1938, un team di archeologi, guidati dal Prof. Chi Pu Tei dell’Università di Pechino, condusse un esame molto dettagliato in una serie di caverne comunicanti a Balan Kara-Ula, un distretto sul confine tra Cina e Tibet. Il gruppo trovò degli scheletri di piccoli esseri con un’ossatura delicata, ma con un cranio piuttosto ampio. Uno degli assistenti avanzò l’ipotesi che le caverne potessero aver costituito l’abitazione di una, fino ad allora sconosciuta, specie di scimmia. Ma, come evidenziò il Prof. Chi Pu Tei “qualcuno ha mai visto delle scimmie che seppelliscono i propri morti?”. Sulle pareti di queste caverne vennero scoperti disegni di uomini che indossavano un elmetto rotondo. Incisi nella roccia si trovavano anche disegni del sole, della luna, della terra e delle stelle, connessi a gruppi da una serie di punti.

Mentre gli scheletri venivano studiati  uno dei ricercatori notò un disco di pietra, largo e rotondo, dello spessore di circa 2 cm, che giaceva quasi sepolto nella polvere della caverna. Il team si mise a studiare l’oggetto che appariva, assurdamente, come una specie di disco di pietra per un grammofono. Era dotato di un foro al centro e di un sottile solco a spirale sulla superficie, che andava dal centro verso il margine. Ad un’analisi più approfondita, il solco spiraliforme, risultò essere un’inscrizione formata da una doppia riga di caratteri molto compressi. Dopo un esauriente ricerca nelle caverne, vennero rinvenuti ben 715 dischi con le stesse caratteristiche! Ogni disco aveva le stesse dimensioni: 22,7 cm di diametro e 2 cm di spessore; inoltre ogni disco aveva al centro un foro perfettamente circolare di 2 cm di diametro. Il bordo esterno era dentellato per tutta la circonferenza.  Quanto al messaggio inscritto, nessuno fu in grado di decifrarlo. Durante i due decenni nei quali i dischi rimasero a Pechino molti esperti tentarono di tradurre le inscrizioni, ma senza successo fino a quando un altro professore cinese, il Dr. Tsum Um Nui riuscì a comprendere il codice ed iniziò a tradurre i messaggi. Ben presto si rese conto che sarebbe stato meglio divulgare il messaggio solo a poche selezionate persone. Il mondo esterno rimase quindi all’oscuro, mentre le conclusioni sul significato dei dischi erano talmente eccezionali che furono ufficialmente soppresse. Il Dipartimento di Preistoria dell’Accademia di Pechino gli proibì tassativamente di pubblicare le sue scoperte. Con la collaborazione di geologi, e dopo un’analisi spettrografica, si scoprì che i dischi possiedono un alto contenuto di cobalto e di metallo (non viene riferito di quale metallo si tratta). Questo implica un origine artificiale dei dischi. Precedentemente si pensava che fossero di diorite e comunque la durezza del materiale è paragonabile a quest’ultima.

Gli scienziati russi chiesero di poter esaminare i dischi e diversi furono spediti a Mosca per essere analizzati. Essi furono ripuliti dalle particelle di roccia che, nel tempo, avevano aderito alla superficie e successivamente sottoposti ad analisi che confermarono quanto dichiarato dagli scienziati cinesi. Ma non era tutto. Posti su una speciale piattaforma girevole, essi generavano un suono ad alta frequenza e questo fece pensare che fossero stati sottoposti ad un’alta tensione; o, come dichiarò uno degli scienziati, “come se facessero parte di un circuito elettrico”.Nel 1947 l’archeologo Karyl Robin-Evans ricevette da un certo professor Lolladoff un disco di pietra che credeva fosse stato trovato in Nepal. L’oggetto sembrava essere appartenuto ad una tribù, i “Dzopa”, che lo usavano nelle cerimonie religiose. Il disco aveva il raggio di 12 centimetri e lo spessore di cinque e, secondo Robin-Evans che lo aveva posto su di una bilancia, aveva la caratteristica di aumentare e diminire di peso nel giro di poche ore. Robin-Evans si mise in viaggio verso le montagne della Cina, alla ricerca della tribù Dzopa. Dapprima passò attraverso Lhasa, nel Tibet, dove venne ricevuto dal 14° Dalai Lama, che allora aveva 12 anni. Nel 1947 il Tibet era ancora indipendente, solo nel 1950, quando il Dalai Lama si rifugiò nel nord dell’India, i cinesi si impadronirono del paese. La regione di Bayan-Kara-Ula, situata in un territorio impervio, lungo il confine cino-tibetano, non risenti molto dell’invasione. Il luogo sembrava incutere timore persino ai tibetani, tant’è vero che, una volta arrivati in alta montagna, le guide di Robin-Evans non volevano proseguire. Avevano paura. Un atteggiamento che spiega perché la regione di Bayan-Kara-Ula fosse stata scarsamente esplorata fino al 1947, eccezion fatta per la spedizione scientifica del decennio prima. Robin-Evans riuscì comunque a raggiungere la sua meta e a guadagnarsi la confidenza della gente Dzopa.

 Aveva con sé un linguista, che gli insegnò i rudimenti della lingua Dzopa, e Lurgan-La, il capo religioso degli Dzopa, gli raccontò la storia della tribù, il cui pianeta natale si trovava nel sistema di Sirio. Lurgan-La spiegò che due missioni erano state inviate sulla nostra Terra: la prima più di 20.000 anni fa, la seconda nel 1014 prima di Cristo. Durante quest’ultima visita alcune astronavi precipitarono e i sopravvissuti non furono in grado di lasciare la Terra: gli Dzopa sarebbero stati i discendenti diretti di queste genti. È importante stabilire se i “Dropa” (altra tribù in cui si raccontava sulle incisioni) e gli “Dzopa” costituissero una sola tribù, oppure appartenessero a nuclei differenti, una controversia di cui Robin-Evans sembra fosse al corrente. Sebbene il termine ‘Dropa” rappresentasse la corretta sillabazione, “Dzopa”, o piuttosto “Tsopa” era più vicino alla pronuncia esatta della parola. Nel 1963 il Dr. Tsum Um Nui decise di pubblicare la sua scoperta, nonostante il divieto dell’Accademia. La pubblicazione apparve con un titolo prolisso ma destinato a sollevare curiosità ed interesse: “I manoscritti incisi riguardanti le navi spaziali arrivate sulla Terra 12.000 anni fa”. In occidente non venne preso seriamente e, in poco tempo, l’intera vicenda sembrò svanire nell’oblio.Questo silenzio durò fino al 1967, quando il filologo russo Dr. Viatcheslav Zaitsev pubblicò un estratto della storia contenuta nei dischi sulla rivista Sputnik. Presumibilmente, l’intera “storia” viene conservata all’Accademia di Pechino e negli archivi storici di Taipei, R.O.C.. La traduzione dei dischi contiene un messaggio che può sembrare assurdo per alcuni, e bizzarro ad altri. La storia riporta la registrazione di una navetta spaziale con abitanti di un altro pianeta, costretti ad un’improvvisa fermata sulle montagne di Bayan Kara-Ula. Le scritture dei dischi spiegano come le intenzioni pacifiche dei “visitatori” furono fraintese e quanti di essi furono catturati e uccisi dai membri della tribù di Kham, che viveva nelle caverne limitrofe. Secondo il Prof. Tsum Um Nui, una delle linee incise dice: “I Dropas vengono dalle nuvole con il loro velivolo. I nostri uomini, donne e bambini si nascosero nelle caverne dieci volte prima dell’alba. Quando alla fine essi (i Kham) compresero il linguaggio mimico dei Dropas, si resero conto che i nuovi venuti avevani intenzioni pacifiche”. In un altro disco si esprime rammarico da parte della tribù dei Kham che la navetta aliena sia precipitata su quelle montagne remote e inaccessibili e che non ci sia possibilità di costruirne una nuova, in modo che i Dropas possano ritornare al loro pianeta.

Negli anni successivi alla scoperta degli scheletri e dei dischi, archeologi ed antropologi hanno appreso molte informazioni riguardo l’area isolata di Bayan Kara-Ula. E questi studi sembrano convalidare la sorprendente storia registrata sui dischi. Le leggende ancora vive presso le tribù del luogo, parlano di persone piccole, con visi gialli, venuti dal cielo, tanto tempo fa. Queste persone avrebbero teste grosse e prominenti e un corpo esile, ed il loro aspetto era così sgradevole e ripugnante che furono cacciati dalle tribù locali. Curiosamente, la descrizione degli alieni, concorda con il ritrovamento degli scheletri fatto dal Prof. Chi Pu Tei. Sia i dischi, sia i graffiti nelle caverne e gli scheletri sono stati datati intorno al 10.000 a.C.! Al tempo della scoperta, alcune delle caverne erano ancora abitate da due tribù conosciute come Khams e Dropas, i cui membri, peraltro, avevano un’apparenza quantomeno singolare. Semplicemente le due tribù non corrispondevano ad alcuna categoria razziale stabilita dagli antropologi. Entrambi avevano una statura simile ai pigmei; la loro statura andava dal metro e 15 al metro e 40 cm., ma la statura media era di 1,25 m. La loro pelle tendeva al giallo e le loro teste erano sproporzionatamente grandi e con pochi capelli sparsi; i loro occhi erano grandi, ma non di tipo orientale, di colore blu chiaro. La struttura del viso era ben formata, simile alla razza Caucasica, e i loro corpi erano estremamente sottili e delicati. Il peso degli adulti oscillava tra i 17 e i 24 Kg.Nel 1955 giunse uno starordinario report dalla Cina: nella provincia di Sichuan, al limite orientale delle montagne di Baian Kara-Ula, furono scoperte, appartenenti ad una tribù locale, 120 persone etnologicamente non classificabili. L’aspetto più importante di questa nuova tribù era la statura dei suoi membri: non più alti di 1,2 metri. L’adulto più piccolo misurava solo 63 centimetri! Nel 1974 l’ingegnere austriaco Ernst Wegerer si imbatté in due dischi nel Museo Banpo di Xian e li fotografò. Il divulgatore di paleoastronautica Erich von Daniken seppe dei dischi e delle foto di Wegerer e ne scrisse su uno dei suoi libri, senza ottenere molto credito. Fu Hartwig Hausdorf a cambiare la situazione. Nel marzo 1994, assieme a Peter Krassa, amico di von Daniken, parti per la Cina. Più tardi Hausdorf dichiarò: “Nello Xian visitammo il Museo Banpo, cercando i dischi che Wegerer aveva fotografato venti anni prima. Ma il nostro ottimismo non venne ripagato. Non riuscivamo a trovare in nessun posto alcuna traccia dei dischi. Wegerer si era forse inventato l’intera storia? Non ci sembrava possibile. Chiedemmo alle nostre guide e al professor Wang Zhijun, direttore del museo. All’inizio negarono l’esistenza dei dischi! Dopo avergli esibito le foto dei dischi per un’ora, Thijun disse che uno dei suoi predecessori aveva dato a Wegerer il permesso di fotografarli, che i dischi esistevano, o come minimo erano esistiti.

Poco dopo aver concesso a Wegerer di fotografarli, il direttore era stato costretto a dimettersi e di lui non si seppe più nulla. Krassa, compatriota di Wegerer, aveva tutte e quattro le fotografie. Il direttore Zhijun ci mostrò – dopo aver capito che non ce ne saremmo andati senza ottenere quello che volevamo – un libro di archeologia in cui erano riprodotte le foto dei dischi. Più tardi ci portò in un edificio vicino, dove gli artefatti del museo venivano puliti e catalogati. Su una sedia stava una copia ingrandita di undisco di pietra. Alluse che pochi anni prima arrivarono indicazioni ‘dall’alto’, dai suoi superiori, che tutte le tracce dei dischi dovevano essere fatte sparire e che si doveva dire che tutto quell’argomento era una grossa montatura.”
Hartwing Hausdorf si è mosso per poter ricevere il permesso di entrare nella zona delle montagne di Bayan-Kara-Ula per cercare la popolazione Dzopa, se ancora esiste. Dato che l’esistenza della tribù è accertata fino al 1947, è probabile che vi siano dei discendenti viventi ancora oggi, a meno che l’ordine del 1965 di “far sparire tutte le tracce dei dischi di pietra” abbia occultato ogni prova. Hausdorf, scorrendo l’ultima lista del 1982 delle minoranze nazionali riconosciute in Cina, ha riscontrato che i Dzopa non sono riconosciuti come minoranza nella loro provincia, Qinghai. Che forse non esistano più? La lista specifica che 880.000 persone non sono riconosciute come minoranza etnica. Si tratta di 25 tribù. Potrebbero essere registrate sotto nome differente, stando alla trascrizione Hanyu-Pinyin, che traduce certi nomi in modo completamente diverso rispetto al passato.
Altro mistero con cui Hausdorf si è trovato alle prese è il nome del archeologo Tsum Um Nui, che non era cinese e sulla cui stessa esistenza sono sorti dei dubbi. Ma un amico asiatico di Hausdorf gli disse che il nome Tsum Um Nei era un misto di cinese e giapponese. La pronuncia giapponese era stata scritta in cinese, così come in tedesco il nome “Schmidt” può essere detto “Smith” in America. “Ovviamente il tipo era giapponese”, realizzò Hausdorf, il che spiega come il professore sia potuto rientrare in Giappone raggiunta la pensione.
I dischi di Bayan-Kara-Ula sembrano presentare analogie con altri reperti antichissimi dalla forma discoidale. Si è parlato del disco del professor Lolladoff ritrovato in Nepal e risalente, presumibilmente, a 4000 anni fa. Esso mostra delle anomalie di rilievo: oltre ad avere la capacità di perdere peso e riguadagnarlo, senza alcuna spiegazione scientificamente valida, percosso, genera un acuto suono vibrante. Inoltre sulla sua superficie vi sono delle figure in basso-rilievo su cui si nota un umanoide macrocefalo.
Un’altra analogia potrebbe esserci con le scoperte di Festo, nell’isola di Creta (Grecia). Nel 1908, nel corso di uno scavo in questa località, una spedizione archeologica italiana scoprì un disco d’argilla di medie dimensioni, risalente al II millennio a.C., sulle cui facce sono presenti numerosi simboli. La decifrazione della sua enigmatica scrittura ideografica ha interessato, fino ai giorni nostri, molti studiosi senza giungere però ad alcuna conclusione logica e definitiva. È stato anche ipotizzato che i simboli, come quelli di Bayan-Kara-Ula, narrerebbe dell’arrivo sul nostro pianeta di una popolazione extraterrestre, in questo caso proveniente dalle Pleiadi. Questa teoria verrebbe supportata dalla presenza, sul disco, di un ideogramma, ripetuto per ben 17 volte, dall’aspetto di scudo circolare con sette protuberanze, raffiguranti le sette stelle delle Pleiadi, e da un altro simbolo che, presente una volta sola, ricorda un disco volante. Questo è quello che “sappiamo” ,ma dei dischi non c’è più nessuna traccia,quindi non è possibile nè analizzare i manufatti,nè tentare nuove traduzioni dei glifi ,magari meno fantasiose ma più esaustive.

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Cucuteni-Trypilla un popolo apparso dal nulla.

Al momento è considerata una delle più antiche civilta’ d’Europa: si sviluppo’ nelle regioni che oggi fanno parte di Romania, Ucraina e Moldavia tra il 5000 e il 3000 avanti Cristo e lascio’ reperti che si caratterizzano per una forte originalita’ e per un livello di progresso sorprendente per l’epoca. Il nome di questa civiltà è stato stabilito in modo convenzionale dagli archeologi in base ai nomi dei villaggi Cucuteni in Romania, vicino a Iasi, e Trypillya in Ucraina, vicino a Kiev, dove, alla fine del XIX secolo sono state rinvenute per la prima volta ceramiche dipinte e statuette di terracotta. Siamo di fronte ad una civiltà estesa su circa 350.000 km quadrati con insediamenti di varie dimensioni, antenati delle nostre città che si sviluppavano su centinaia di ettari, elaborate fortificazioni, abitazioni che variavano da capanne interrate a costruzioni fino a due piani, oggetti in ceramica la cui utilità si abbina in modo armonioso all’aspetto estetico, una religione affascinante le cui tracce sono marcate fra idoli e oggetti culturali dall’incredibile simbolismo, oggetti rituali la cui funzionalità è ancora in fase di interpretazione. Ma piu’ si conosce su questa cultura, piu’ essa appare misteriosa, soprattutto per ciò che riguarda i luoghi e il suo ruolo ricoperto nella storia universale; vi è anche l’ipotesi che questi luoghi potrebbero essere il punto di partenza della civiltà dei Sumeri se non, addirittura, che a questi luoghi sia riferibile il mito di Atlantide.

Gli scavi archeologici provano l’eccellente grado raggiunto dalla popolazione nell’agricoltura e confermano come non solo vi erano solo villaggi comuni, ma anche centri abitati di dimensioni impressionanti, con superfici che variavano dai 150 fino ai 450 ettari, vere e proprie “città preistoriche”. In particolare l’insediamento del bacino del  Bugo Meridionale mostrava strutture urbane con abitazioni poste in cerchi concentrici oppure disposte in linee parallele o gruppi, tese a formare piazze e luoghi destinati ad attività pubbliche o comunitarie. Alcune abitazioni erano molto grandi, da 300 a 600 metri di lunghezza, composte da molte stanze. I muri ed il soffitto erano decorati con disegni neri e rossi. I letti e altri arredamenti d’interni erano decorati con disegni complicati realizzati con colori brillanti. Alcune delle statuette ritrovate negli scavi archeologici rappresentavano personaggi importanti che vivevano nelle costruzioni appartenenti a queste città preistoriche. I volti maschili sono allungati, con nasi pronunciati. La maggior parte delle statuette femminili sono aggraziate, con lunghe gambe, alcune nude e altre avvolte in quello che sembra un abito da festa. I corpi delle donne sono tatuati in diversi punti, soprattutto sullo stomaco e sulla schiena.

I disegni ornamentali più diffusi erano spirali, rombi e serpentine (l’Albero della Vita). Alcune statuette recano ancora tracce di colore rosso e nero che riprendono i dettagli degli abiti. Tra i culti più sviluppati vi e’ quello della Madre Terra (che assicurava fecondità e fertilità), del Toro Celeste e del Fuoco (come attributo celeste). Le occupazioni di base della popolazione di Cucuteni-Trypillya erano l’agricoltura e l’allevamento di suini, ovini e bovini; verosimilmente addomesticavano i cavalli.
Gli specialisti di paleo-botanica hanno dimostrato l’esistenza di alcuni tipi di grano, orzo, cereali, legumi, viti, ciliegi e pruni. Usavano aratri a trazione animale e sofisticati forni per cuocere la ceramica. I vasi erano di diversi tipi e stili, decorati in almeno 20 modi diversi. Nell’insediamento di Nebelivka, vicino a Maydanetsky in Ucraina, gli archeologi portarono alla luce quello che puo’ essere considerato il più antico set di ceramiche dell’Est Europa, con piatti, ciotole e coppe riportanti lo stesso decoro. I metallurgici della civiltà Cucuteni-Trypillya conoscevano diversi metodi di lavorazione del rame, e perfino i metodi per ottenere le leghe metalliche, compresi rame e argento. In proporzione inferiore lavoravano anche l’oro con cui realizzavano gioielli.

Gli oggetti di metallo erano accumulati quali tesori (come quelli scoperti a Ariusd, Habasesti, Brad, Carbuna, Horodnica). Il tesoro di Ariusd (Romania) conteneva ben 1.992 oggetti di rame, il tesoro di Carbuna (Repubblica di Moldavia) 444 oggetti di metallo, mentre i tesori di Ariusd e Brad  (Romania) contenevano anche oggetti in oro. Gli insediamenti di Cucuteni-Trypillya (oggi denominati “piccole fortezze” per via della posizione dominante) mostrano sistemi di fortificazione che consistono in fossati,  terrapieni e palizzate. Nell’ultima fase di sviluppo della civiltà Trypilliana, le città di tipo proto-urbano dell’area est (Trypillia) estendevano le fortificazioni fino a tutto il perimetro dell’abitato, innalzando, talvolta, anche muri di pietra. Queste fortificazioni avevano lo scopo di difendere gli insediamenti e le ricchezze dagli attacchi delle comunità vicine e dalle tribù nomadi infiltrate nell’area attraverso le regioni delle steppe. Gli archeologi, i fisici e i paleo-botanici, impegnati nello studio della civiltà Cucuteni-Trypillya, presumono che uno dei fattori che determinarono il declino di questa civiltà agli apici del suo sviluppo fu il progressivo peggioramento della situazione ecologica, sentita in tutta l’area dell’Eurasia. Ma le vere ragioni della scomparsa della civiltà Cucuteni-Trypillya non sono ancora chiare. Ne’ si conosce l’idioma parlato pur se, secondo varie opinioni, è fra la popolazione di Cucuteni-Trypillya che andrebbe cercata l’origine della lingua Indo-Europea.

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Etruschi,padri culturali.


Noi continuiamo a credere che i Greci e soprattutto i Romani siano i popoli a cui il mondo occidentale deve le sue origini culturali. Tutto questo è profondamente inesatto e si basa su una falsità storica. Sono invece gli Etruschi, che nella loro lingua si chiamavano Rasena o Rasne, in greco Tyrsenoi e molto probabilmente provenienti da Est verso l’VIII secolo a.C.,i veri fondatori della nostra cultura europea, sia per gli aspetti buoni che per i cattivi. Questa verità continua ad essere sottovalutata, ed a volte ostacolata, da vari storici, specialmente italiani, mentre è  riconosciuta da numerosi decenni dalla maggior parte degli studiosi di tutto il mondo.L’Etruscologia adesso suscita un enorme interesse in tutto il mondo e un sacco di falsità e comuni credenze stanno sgretolandosi,anche perché ci siamo resi conto che sono stati utilizzati per screditare un popolo ed appropriarsi dei loro meriti.La Roma da poco tempo fondata,già potente ma senza cultura, ha falsificato le proprie origini ed ha volutamente ignorato l’eredità arrivatole in seguito alla sconfitta della civiltà etrusca, poi i primi imperatori cristiani hanno completato il lavoro con i loro editti.

Scavi Etruschi di Roselle-Grosseto

Le ricadute culturali del lascito degli Etruschi sono la peculiare religione che agli occhi degli antichi ha costituito una delle principali caratteristiche etrusche; le forme artistiche, dall’architettura, manifestazione fondamentale della cultura etrusca, che ha dato il nome a uno stile e un ordine architettonico, quello tuscanico, alla pittura, una delle rare e perciò significative testimonianze della grande pittura parietale classica preromana, alla scultura, ricca di esperienze formali di rilievo, alle arti minori e all’industria della suppellettile bronzea, che hanno costituito motivo di vanto e di fama mediterranea per i prodotti delle botteghe etrusche, al servizio di una classe dominante opulenta ed esigente. L’opinione corrente su di loro, in qualche modo confortata dagli stessi stereotipi etnici antichi,li voleva diversi da tutti i popoli dell’Italia antica, immaginava le genti tirreniche come un concentrato di misteri e di singolarità etnografiche, linguistiche, politiche, culturali.Le origini avvolte nelle nebbie di una fase remota della storia della nostra penisola, una lingua indecifrabile, uno sviluppo culturale e un’egemonia politica su molta parte dell’Italia preromana tanto grandiosi quanto inspiegabili o miracolosi, un declino quasi improvviso di fronte alla nascente potenza di Roma, ecco alcuni degli ingredienti dello stereotipo moderno del “mistero” etrusco.

Tomba Etrusca di Idebranda.Sovana-Grosseto

Gli Etruschi, come tutti sanno,  hanno occupato il centro d’Italia tra la fine dell’età del Bronzo e gli inizi dell’età del Ferro, e che i Romani, nel loro modo abituale di vicinato, hanno spazzato via del tutto, al fine di fare spazio alla gloria di Roma.  Questo è ciò che disse DH Lawrence ed è ancora una giusta sintesi di ciò che si pensa degli Etruschi. Ma chi erano? Questo è sempre stato un po’come un puzzle. Gli Etruschi hanno abitato la regione d’Italia ad ovest degli Appennini tra il Tevere e l’Arno,in realtà tutto il paese, da Firenze a Roma. Di loro si sa poco soprattutto perchè usavano una lingua diversa da tutte le altre, forse simile al basco che, come ogni scolaro sa, non ha nulla a che fare con qualsiasi altra lingua parlata sotto il sole. La scrittura,in realtà, è stata decifrata da oltre due secoli,perchè gli Etruschi si sono serviti di un alfabeto simile a quello usato dai coloni greci di Cuma, cui hanno apportato solo poche modifiche e adattamenti; la lingua etrusca, indagata negli ultimi cinquant’anni da un pugno di linguisti di grande valore, per il suo sostanziale isolamento presenta molti aspetti oscuri, essenzialmente lessicali, ma non è “indecifrabile”.

Medea uccide i figli.Museo di Vetulonia-Grosseto

Gli Etruschi non erano indo-europei, come i Greci, i Romani e i Celti, e non sono stati solo un mix di antiche tribù europee,  ma qualcosa di ben distinto. Erano sicuramente letterati, ma non hanno lasciato una letteratura, come i Greci e i Romani hanno invece fatto con tanto successo. Ciò significa che, gran parte della loro storia è stata raccontata,e solo occasionalmente, dai loro confinanti Romani e Greci, che si stabilirono in Italia durante il periodo etrusco. Tuttavia, i loro vicini erano anche i loro nemici, o almeno  rivali nell’utilizzo di spazi vitali, e quindi non possono essere stati imparziali. I Romani certamente hanno fatto loro un cattivo servizio. I Tarquini, i re di Roma rovesciati per permettere la costruzione della Repubblica,erano infatti una dinastia etrusca.Anche gli antichi popoli italici hanno avuto piena coscienza del profondo significato di questa esperienza socio-politica e dell’enorme influenza storica esercitata dal mondo etrusco su quello romano, a partire dalla genesi dei simboli stessi del potere, la sella curule( un sedile pieghevole a forma di “X” ornato d’avorio, simbolo del potere giudiziario), i fasci, gli abiti e la pompa dei magistrati e dei generali vittoriosi, che tanta parte hanno nello specifico modello di governo e di potere a Roma.

In arancio il territorio Etrusco,in giallo scuro le zone di influenza.

Negli antichi borghi degli Appennini rimasero i discendenti degli Etruschi e la meraviglie contenute nelle tombe dei loro antenati hanno svegliato nuovamente loro genoma: la parte centrale del mondo antico,la terra degli Etruschi, la Toscana, è diventata la culla dell’Umanesimo e del Rinascimento. In queste città, per lunghe generazioni etrusche, personaggi come Dante, Leonardo, Brunelleschi, Giotto, Bernini, Michelangelo etc sono nati, e soprattutto tanti sconosciuti artigiani e artisti a cui la crescita della nostra civiltà occidentale è dovuto.

Tomba degli Auguri.Tarquinia

Gli Etruschi erano persone normali come noi e hanno voluto godersi la vita. Non siamo in grado di ascoltare la loro musica e non riusciremo mai a conoscere la loro anima, possiamo solo dare un’occhiata alla loro arte, e questo è sicuramente il messaggio che ci hanno lasciato.Come altri popoli del passato degli Etruschi non sappiamo con esattezza nè l’origine nè la fine,eppure  hanno avuto un importanza basilare nella storia europea.

Fegato Gussian con scritte in Etrusco.

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Petra,città rosata nella sabbia

Secondo Léon de Laborde le prime tracce di insediamenti stabili  nel sito di Petra sono collocabili tra la fine dell’VIII e l’inizio del VII secolo a.C.Le vestigia si trovano sulle colline vicine al sito di Petra, tra cui Umm al-Beira (cioè «la Madre delle Cisterne», così chiamata perché sulla sommità ve ne sono effettivamente molte). La nascita storica di Petra avviene però verso al 6 ° secolo aC, ad opera degli Arabi  Nabatei.  , una tribù di nomadi che si insediarono nella zona e  gettarono le basi di un impero che si estendeva con linee commerciali fino in Siria. Nonostante i  tentativi da parte del re dei Seleucidi Antigonus, dell’imperatore romano Pompeo e di  Erode il Grande nessuno riuscì a mettere Petra  sotto il controllo dei rispettivi imperi, Petra è rimasta  nelle mani dei  Nabatei.  sino a circa il 100 dC, quando i Romani la sottomisero.  Era ancora abitata durante il periodo bizantino, quando l’ex impero romano spostò la sua attenzione  ad est  verso Costantinopoli, ma piano piano perse di importanza .

I Crociati vi costruirono una fortezza nel 12 ° secolo, ma ben presto si ritirarono, lasciando Petra  alla popolazione locale fino agli inizi del 19° secolo,quasi dimenticata fino a quando fu visitata per la prima volta da un esploratore svizzero Johann Ludwig Burckhardt,che,  in abiti arabi, si faceva chiamare Cheikh Ibrahim. Egli aveva sentito dire che nei pressi del villaggio di Wadi Musa si trovavano, in una sorta di fortezza naturale, delle vestigia straordinarie. La regione apparteneva allora all’Impero ottomano e gli stranieri curiosi di antichità – che erano ritenute “opera degli Infedeli” – erano considerati con grande diffidenza, anche per le tensioni politiche e religiose dell’epoca.
Burckhardt si presentò allora come un pellegrino che desiderava sacrificare una capra al profeta Aronne, la cui tomba, costruita nel XIII secolo, si riteneva collocata al di là delle rovine, in cima al gebel Haroun. Accompagnato dalla sua guida, l’esploratore attraversò la città antica senza poter fermarsi un attimo a prendere una nota o a fare uno schizzo, e tuttavia consapevole dell’importanza di quelle vestigia, e che le rovine presso Wadi Musa erano quelle di Petra. Entusiasta, diffuse la notizia tra gli occidentali residenti in Medio Oriente e in Egitto, e la ripeté nel suo libro Travels in Syria and the Holy Land, che fu pubblicato solo cinque anni dopo la sua morte, nel 1823.

Petra trova a circa 3 ore e mezzo a sud di Amman ed a circa 2 ore a nord di Aqaba, sui bordi del deserto montagnoso di Wadi . La città è circondata da alte colline di arenaria color ruggine che hanno dato alla città una protezione naturale contro gli invasori.
Il sito è semi-arido, la friabile arenaria che ha permesso di scolpire con relativa facilità ai  Nabatei.  i loro templi e le tombe nella roccia per contro si sgretolano altrettanto facilmente tornando ad essere sabbia. Il colore della roccia varia dal giallo pallido o bianco con ricchi rossi al marrone scuro di rocce più resistenti. Il sovrapporsi di diversi strati di colore della roccia forma vortici e onde di colore , che i  Nabatei. sfruttarono nella loro architettura.Per raggiungere il sito, un polveroso sentiero conduce dolcemente verso il basso lungo il Wadi Musa (La Valle di Mosè)e durante il percorso a sinistra e a destra ci sono alcune piccole  tombe scavate nella roccia,è il siq,la via di ingressso a Petra.
I  Nabatei erano esperti ingegneri idraulici. Nelle pareti del Siq sono inseriti  canali di ceramica per il trasporto di acqua potabile per la città, mentre una diga a destra devia un torrente attraverso un tunnel per evitare  le inondazioni del Siq .
Una volta all’interno, il Siq si restringe a a poco più di cinque metri di larghezza, mentre le pareti salgono fino a centinaia di metri su entrambi i lati. Il piano, in origine lastricato, è ormai in gran parte coperto di sabbia.
Nel Siq si vedono solo le alte pareti, che nacondono anche la luce del sole del mattino, fino a quando improvvisamente, attraverso un crepaccio nella roccia,compare come un miraggio il primo assaggio della città di Petra .

Scavato nella pietra arenaria di colore rossastro, ornato di pilastri a sostegno di un portico sormontato da un urna centrale e due blocchi di accompagnamento, sporge dalla roccia. Questo è il Khazneh …Il più noto dei monumenti a Petra; il Khazneh è  il primo capolavoro a salutare il visitatore che arriva attraverso il Siq. La facciata, scolpita dalla  parete di pietra arenaria, è alta 40 m, ed è molto ben conservato, probabilmente perché il limitato spazio in cui è stato costruito lo ha protetto dagli effetti dell’ erosione. Il nome Khazneh, che significa ‘tesoro’ deriva dalla leggenda che vuole che sia stato utilizzato come nascondiglio per un tesoro. In realtà, sembra che sia stato una via di mezzo tra un tempio e una tomba.

Dietro l’imponente facciata, una grande sala quadrata è stata scavata nella roccia . Gli angoli e le pareti sono stati meticolosamente squadrati, ma nessun tentativo è stato fatto per estendere ulteriormente gli scavi o per riprodurre il tipo di  intaglio presente all’esterno. Questo è tipico delle tombe di Petra; gli interni sono semplici come gli esterni sono intricati. Nei dintorni dello spazio aperto  dominato dalla Khazneh ci sono altre tombe e sale in gran parte poco più che grotte scavate dalla roccia. A destra, il sentiero prosegue tra  pareti di roccia più distanziate ed è costellato di piccole tombe, che sono visibili come buchi neri nella roccia. Un po’ più avanti, sulla sinistra, si trova una costruzione a semicerchio, l’anfiteatro, che aveva  posti per migliaia di persone.

Petra è stata dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO il 6 dicembre 1985. Anche la zona circostante è stata costituita dal 1993 parco nazionale archeologico. Nel 2007, inoltre, Petra è stata dichiarata una delle cosiddette sette meraviglie del mondo moderno.Riesce difficile immaginare queste città, oggi morte e quasi coperte di sabbia, nel loro periodo di massimo fulgore, quando erano piene di vita,colori,voci e rumori ed erano un punto di riferimento per le popolazioni delle zone limitrofe.

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