Archivio mensile:aprile 2012

Efeso

Efeso è una delle città antiche che si sono conservate meglio, città di marmo bianco scintillante sotto il sole è come un immenso libro di pietra. Gli scavi archeologici, cominciati nel 1869, hanno permesso di ritrovare la maggior parte delle sue strade e dei suoi edifici (municipio, abitazioni, negozi, latrine pubbliche). Non c’è bisogno di essere un archeologo esperto per apprezzare le bellezze di Efeso: questo luogo magico affascina anche i neofiti.  

                                                                                                                                                                                                      Era una città sul mare che adesso vediamo in lontananza,poichè la costa è arretrata di alcuni chilometri.La vita quotidiana dei greci e dei romani è visibile in tutte le sue forme;c’è addirittura una targa marmorea relativa ad una casa di piacere con tariffe e raccomandazioni.                                                                                                                                          

Veramente notevoli sono la biblioteca ed il teatro e camminare nella via centrale di Efeso, circondati da vestigia quasi intatte, è una esperienza impagabile.

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Titicaca, il lago degli Inca ucciso dall’inquinamento

                               

Volontari delle comunità indigene in difesa del lago cercano di ripulire una zona dalle alghe nocive

Per il Global Nature Fund
è “il più minacciato del Pianeta” Fra gli indios che si appellano all’Onu: servono depuratori

PAOLO MANZO
COHANA (BOLIVIA)

Il Titicaca è stato per secoli il lago su cui, nel cuore delle Ande, si sono affacciate le culture più antiche dell’America Latina. Oggi si è trasformato in uno specchio deforme di un pianeta malato e incapace di preservare i suoi tesori naturali più preziosi. Il lago più elevato al mondo con i suoi 3812 metri di altitudine, che si estende per oltre 8 mila kmq, abbracciando Bolivia e Perù, è a rischio. Tanto che l’autorevole fondazione tedesca Global Nature Fund l’ha eletto «Lago più minacciato del 2012». Un titolo di cui gli abitanti farebbero volentieri a meno.

«Se muore il lago Titicaca muore il pianeta. E in fretta», denuncia commosso Esteban Mamani Quispe, 40 anni, uno dei leader del locale comitato dei saggi impegnati, sul fronte boliviano, nella lotta alla salvaguardia del lago. Il suo villaggio, Cohana, un pugno di casette colorate che specchiano le loro forme nelle acque antichissime del Titicaca, in pochi anni ha cambiato fisionomia. Laddove le rive erano verdi e lussureggianti oggi si incontrano solo vacche e pecore che ruminano tra i rifiuti, gli abitanti non pescano più perché i pesci sono quasi tutti morti e tra i giovani chi può è scappato. Hernán Quispe Mendoza appartiene anche lui al consiglio dei saggi di Cohana. «La situazione è diventata gravissima. Il lago ormai è contaminato. Se non ci aiuta la comunità internazionale è davvero finita». Basta provare a navigare nelle acque del Titicaca nella baia di Cohana per rendersi conto. A ogni metro si incontra plastica, liquami e moltissima mucillagine verde, definita dagli scienziati il segnale allarmante della lenta agonia del lago.

Le ragioni di questa agonia sono tante. La città di El Alto, quasi due milioni di abitanti, che sovrasta La Paz dall’alto dei suoi 4100 metri, è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi anni. Sino al 1985 era solo un quartiere periferico della capitale, conosciuto per l’aeroporto. Poi ha iniziato a raccogliere molti migranti interni della Bolivia, aymara ma non solo, crescendo in modo caotico. Oggi nell’ex quartiere paceño di El Alto vivono quasi due milioni di abitanti e questa città con meno di 30 di vita si contente con La Paz e Santa Cruz il titolo della più popolata della Bolivia. Il suo fiume, el Rio Seco, con i suoi 80 chilometri di scarichi arriva dritto nella baia di Cohana, gettando nel Titicaca i peggiori rifiuti tossici.
A El Alto non ci sono impianti depuratori sufficienti, le industrie non rispettano le regole e chiunque può gettare quello che vuole. Senza contare i tanti laboratori clandestini che trasformano con additivi chimici le foglie di coca in cocaina. È un mix dell’orrore quello che sta strozzando il Titicaca da El Alto. Risultato: la mortalità infantile è arrivata al 10 per cento, il cancro e le infezioni falcidiano la popolazione, perché l’acqua del lago per le comunità indigene è l’acqua che si beve e con cui si cucina.

A Puno, sul versante peruviano del lago, la situazione è appena migliore ma «solo perché c’è meno gente», spiega Alberto Lescano Rivero, del Cedas, il locale Centro de Desarrollo Ambiental y Social. Ma gli effetti sono simili. «Duecentomila abitanti che vivono con infrastrutture per 50 mila», denuncia Alberto. Per 362 chilometri quadrati a nord di Puno si estende dal 1978 la Riserva nazionale del Titicaca, che resta riserva però solo sulla carta. La biodiversità che l’ha sempre contraddistinta, infatti, si è accartocciata su se stessa. Pesci come il Titicaca Grebe o animali d’acqua come le rane del Titicaca sono diminuiti in modo preoccupante, mentre la carpa tipica della zona, l’Amanto, è stata dichiarata estinta. Per non parlare degli uccelli che hanno dovuto mutare le loro rotte migratorie. Quanto alla coltura tradizionale del lago, la patata, è stata seriamente compromessa, minando, così, una tradizione millenaria.

«Per favore aiutateci altrimenti i nostri figli moriranno», supplica con le lacrime agli occhi Victor Panca Mendoza. Victor è sindaco di Uros Chulluni, uno dei punti mozzafiato del Titicaca. Sono le cosiddette «isole galleggianti», si trovano nel versante peruviano, a un passo da Puno, e hanno mantenuto intatte le loro antichissime tradizioni. Gli indios vivono ancora nelle tipiche capanne e si muovono su piroghe fatte di legno e vimini. Victor insieme agli altri sindaci del Lago chiede adesso che venga dichiarato lo stato di «emergenza internazionale» e che la comunità mondiale prenda coscienza della crisi ecologica che rischia di diventare irreversibile. «Serve al più presto una legge di tutela – dice – che metta in pratica rapidamente misure urgenti, a partire dalla costruzione di nuovi depuratori».

Ma lo sguardo degli indios vuole andare ancora più lontano e arrivare fino alle Nazioni Unite. Félix Espinoza Coro, sindaco di Pucarani, uno dei comuni più grandi nei pressi del lago sul fronte boliviano ha stimato in 5 milioni di dollari i danni finora subiti dalla sua comunità. «L’Onu e la Cooperazione internazionale devono prendersi cura di noi – protesta -: nella sola baia di Cohana più di 10 mila contadini non hanno più acqua pulita per le loro bestie che continuano a morire assieme ai cristiani».

Secondo l’antica tradizione il Titicaca prende il nome dall’isola chiamata Intikjarka, parola formata da due termini della lingua aymara, «Inti», cioè Sole e «kjarka», masso rupestre. Ma persino il sole adesso sembra brillare meno in questo ecosistema minacciato. «Il lago era il cuore della esistenza – conclude Esteban – adesso è diventato un vortice nero che risucchia le nostre vite forse fino alla morte».

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Gli Olmechi

Una delle prime società mesoamericane, gli Olmechi abitavano le pianure tropicali del centro-sud del Messico. I primi segni della cultura olmeca appaiono intorno al 1400 aC nella città di San Lorenzo, il principale insediamento olmeco, insieme a Tenochtitlan e Potrero Nuevo. Il Olmechi erano maestri costruttori, infatti in ciascuno dei principali siti sono stati trovati edifici cerimoniali, case a tumulo, grandi piramidi coniche e giganteschi monumenti in pietra, tra cui una testa colossale, manufatti che sono i più conosciuti. La civiltà olmeca fece molto affidamento sul commercio, sia tra le diverse regioni Olmeche e con altre società mesoamericane.

Del primo periodo (civiltà di La Venta) restano ceramiche dipinte, e teste umane scolpite. Nel centro religioso di La Venta sono state rinvenute gigantesche sculture dagli arti assai corti e dai volti enormi. Più tardi gli Olmechi divennero costruttori, fondando anche la grande città-santuario di Monte Albán. Opere olmeche (sculture monumentali, templi a piramide, ceramiche ornate di animali stilizzati, oreficerie, ecc.) si diffusero allora anche all’interno del Messico esercitando una duratura influenza sulle civiltà zapoteca e tolteca. La civiltà Olmeca è la cultura-madre di tutte le popolazioni mesoamericane, non soltanto perché l’arte, i culti e i centri cerimoniali hanno costituito un modello al quale si sono ispirate tutte le future generazioni, ma perché olmeca era un modo di sentire e di agire, era un’ideologia prevalentemente pacifica che venne condivisa da tutte le civiltà che erano entrate in contatto con quel mondo. Oltre alla scultura, grande maestria si rileva anche nella lavorazione di materiali preziosi, come giada e ossidiana.

Gli Olmechi attribuivano grande importanza al culto del giaguaro, rappresentato nelle più svariate forme.
Intorno al 400 aC la metà orientale delle terre del Olmec si è spopolata, una delle cause può essere stata il cambiamento del clima; altra teoria riguarda l’abbandono dei territori dopo una forte attività vulcanica nella zona,mentre altri studiosi spiegano la sparizione degli Olmechi con una invasione non meglio identificata.
La maggior parte delle opere olmeche si trova nei Musei Archeologici di Città del Messico e di Jalapa, mentre a Villahermosa, nello Stato di Veracruz, è stato allestito negli anni Cinquanta un grande parco archeologico tra il verde di una foresta tropicale che raccoglie la statuaria di La Venta, un tempo capitale degli Olmechi e ora inghiottita dagli stabilimenti dell’industria petrolifera che ha risparmiato soltanto una piccola porzione dell’originaria area archeologica.

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Galassie Antennae ( NGC4038/4039 C60/61)

Questa è un immagine delle galassie Antennae che si stanno fondendo nel corso di una immane collisione, nella quale si formeranno miliardi di stelle, le più luminose e compatte regioni dove nascono queste stelle sono chiamate ammassi di super-stelle (super star clusters).Le due spirali hanno iniziato a interagire qualche centinaio di milioni di anni fa, rendendo le Antennae uno degli esempi più vicini e più giovani di fusione tra galassie . Quasi la metà degli oggetti che brillano debolmente nell’immagine sono giovani ammassi contenenti decine di migliaia di stelle. Le macchie arancioni a sinistra ,a destra e al centro sono i due nuclei delle galassie originali che sono costituiti principalmente da stelle antiche e sono attraversati da filamenti di polvere marrone. Le due galassie sono costellate di zone di formazione stellare di un blu brillante circondate da gas idrogeno incandescente, che appare in rosa.
La nuova immagine consente agli astronomi di distinguere meglio tra le stelle esistenti e gli ammassi di super- stelleche si sono create nella collisione delle due galassie a spirale.Datando i clusters (o ammassi stellari) nell’immagine, gli astronomi hanno scoperto che solo il 10 per cento dei grappoli appena formati nelle Antennae sopravviverà oltre i primi 10 milioni di anni. La stragrande maggioranza dei super-ammassi stellari che si formano durante questa interazione si disperderanno, e le singole stelle andranno a far parte del fondo delle galassie. Si ritiene tuttavia che circa un centinaio degli ammassi più grandi sopravviverà per formare regolari ammassi globulari, simili a quelli che si trovano nella nostra galassia Via Lattea. Le galassie Antennae prendono il nome dalle lunghe antenne, come “braccia” che si estendono lontano dai nuclei delle due galassie, notate molto meglio dai telescopi terrestri. Queste “code a onda” si sono formate durante il primo incontro/scontro delle galassie circa 200/300 milioni di anni fa. Questo quadro ci da un’anteprima di ciò che potrà accadere quando la nostra Via Lattea si scontrerà con la vicina galassia di Andromeda tra diversi miliardi di anni.

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La Bella Antiglia e la carrozza d’oro

Tra i personaggi che animano le leggende maremmane uno dei più contesi è la Bell’Antiglia.Il racconto più radicato nella tradizione orale è quello che si svolge a Sovana dove la regina etrusca Antiglia bellissima,illuminata e intelligente era amata e stimata dai propri sudditi.La sovrana era ossessionata dalla convinzione di essere dimenticata dopo la propria morte e ,cercando il modo per rendere eterna la propria memoria ,giunse alla conclusione che non vi era strada più sicura che far leva su uno dei principali motivi di interesse dell’uomo: il desiderio di ricchezza.
Incaricò pertanto i più celebri orafi di realizzare una carrozza d’oro tirata da quattro cavalli dorati anch’essi. Di un simile scrigno splendente ne avrebbe fatto la sua tomba. Una volta creata, la carrozza fu esposta per un po’ di tempo al pubblico. Quando ormai tutti avevano avuto la possibilità di ammirare la fulgida bellezza di un tale insolito capolavoro e la sua fama aveva superato i confini del reame,fu fatta scomparire come d’incanto.La Regina ordinò poi di essere seppellita ,alla sua morte,con la carrozza e i quattro cavalli d’oro in un luogo segreto. Per generazioni sono state tramandate mappe e notizie riguardo al luogo mai scovato di sepoltura ,dai cunicoli sotterranei di Sovana, al passaggio segreto che conduceva fuori della città verso l’Elmo e Montebuono, sino a Saturnia, Montemerano e in numerose altre località della zona tutt’oggi si ricerca il monumento dorato.Così che dopo tanti secoli il ricordo di Antiglia è ancora vivo, proprio come lei voleva. In Maremma è d’uso ancora dire : “Quello/Quella è come la carrozza di Antiglia, tutti la cercano e nessuno se la piglia”.  

La leggenda in questi termini è stata narrata anche in un film documentario sulle saghe toscane, “Mistery Tuscany”, film scritto, diretto e prodotto da Pantaleone Megna e Andrea Migno. Questa storia ,come detto,non è l’unica che vede la Bella Antiglia protagonista;lo stesso avvenimento,con poche variazioni,salvo la locazione,si trova nelle storie da focolare di Sorano,mentre,in un altro svolgimento della storia,la regina di Sovana si innamora di un guerriero che si sacrifica per difendere,senza successo,la città dell’amata.Antiglia,persa ogni cosa,prepara il suo suicidio, non prima di aver fatto costruire la solita carrozza d’oro nella quale farsi seppellire,ed utile,in questo caso,per attraversare velocemente il regno delle ombre e riunirsi all’amato.Un’altra leggenda lega la bella Antiglia ad una città scomparsa:Ginevra. Santa Caterina,paese vicino a Roccalbegna,un tempo non esisteva, ma poco lontano sorgeva la città di Ginevra, grande e potente. Vi regnava una regina bellissima, detta (ancora una volta)la Bella Antiglia, che s’insuperbì al punto di credersi una dea per cui s’attirò l’ira divina: Ginevra fu sommersa in un attimo da una frana che non ne lasciò traccia. Nei luoghi dove le rovine sono sommerse si sentirebbero a volte affiorare voci, grida d’una piazza col mercato, muggiti, rumore di zoccoli e di ruote sul selciato,il cantare di un gallo, suonare una campana, addirittura il muoversi di una gatta coi suoi micini d’oro. Secondo questa versione è in quel punto, sotto terra, che si celerebbe il nascondiglio dell’introvabile Bella Antiglia, (una fanciulla d’ oro su una carrozza d’oro, appunto). Una variante del vecchio detto prima citato,rammenta :“labella Antiglia, tutti la cercano e nessuno la piglia”. Sembra che il tesoro,anche in queste zone, fosse stato cercato da molti, che giunsero addirittura ad abbattere grandi querce e sradicarne le radici, nella speranza del ritrovamento. I pochi sopravvissuti alla slavina non vollero più abitare quel luogo di sventura e costruirono le proprie case nei propri terreni sparsi intorno al vecchio abitato. Sarebbero così, secondo il testo leggendario, sorti i primi borghi, come Case Rossi,I Casini, le Campane, o La Croce.

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